Era il 3 novembre del 1957 quando Laika, una piccola randagia moscovita, veniva lanciata nello spazio a bordo dello Sputnik 2, destinata a diventare il primo essere vivente in orbita intorno alla Terra. Un primato che però nascondeva un triste epilogo: Laika non avrebbe mai fatto ritorno.
A distanza di 67 anni, l’Enpa di Viterbo vuole ricordare la sua storia, una vicenda che ancora oggi solleva interrogativi etici e commuove per l’inutile sofferenza inflitta a un essere innocente. La missione, condotta dall’Unione Sovietica nel pieno della corsa allo spazio, mirava a esplorare le possibilità di sopravvivenza nello spazio in assenza di gravità. Tuttavia, il volo di Laika si rivelò fallimentare fin dall’inizio, trasformandosi in un tragico esperimento.
La preparazione e il saluto finale
Laika era una randagia di circa 3 anni e 6 kg, trovata tra le strade di Mosca insieme a una manciata di altri cani, candidati per questa crudele missione. Gli animali furono sottoposti a duri addestramenti, che prevedevano la permanenza in capsule sempre più piccole e lunghe sessioni in centrifuga per simulare le condizioni di lancio. La biologa Adilya Kotovskaya, allora parte del progetto, ricorda con commozione quegli ultimi momenti: “Le ho chiesto di perdonarci e ho pianto quando l’ho accarezzata per l’ultima volta”, racconta oggi, a 90 anni.
Laika superò ogni test e fu scelta per il lancio. Il 3 novembre 1957, alle 5.30 del mattino ora di Mosca, partì dal Kazakistan a bordo dello Sputnik. Inizialmente, il battito accelerato della cagnolina – normale reazione allo stress – si stabilizzò, segnale che Laika stava reagendo bene al viaggio.
Una morte atroce
Laika riuscì a completare nove orbite attorno alla Terra, ma la temperatura all’interno della capsula cominciò a salire vertiginosamente a causa dell’inadeguata schermatura della navicella. Laika morì di disidratazione quando il termometro toccò i 40 gradi, condizioni insopportabili per qualsiasi essere vivente.
Per anni fu diffusa la versione ufficiale secondo cui la cagnolina fosse deceduta per via del cibo avvelenato, appositamente inserito per evitarle sofferenze durante il rientro. La verità venne alla luce solo decenni più tardi: il 14 aprile 1958, quando lo Sputnik 2 venne recuperato al largo delle Antille, il corpo di Laika era stato trovato carbonizzato.
Un anniversario di riflessione
Oggi, l’anniversario del sacrificio di Laika diventa un’occasione per riflettere sugli eccessi della sperimentazione scientifica e sui limiti del progresso umano. In nome dell’umanità e della ricerca, la piccola Laika fu inviata verso un destino senza ritorno. “Perdonaci, Laika”, conclude l’Enpa di Viterbo nel suo toccante ricordo, un appello che risuona come un monito: il progresso non dovrebbe mai calpestare la dignità e la vita degli esseri viventi.