Per limitare a fine secolo il riscaldamento globale alla soglia di +1,5°, entro il 2030 dovremmo ridurre del 45% l’attuale livello di emissioni climalteranti; per restare entro la soglia meno ambiziosa dei 2° nei prossimi sette anni dovremmo ridurre i gas serra del 30%, come spiega chiaramente l’ONU. «Alla luce dei risultati della Cop27 – commenta Enpa – rischiamo di mancare clamorosamente entrambi gli obiettivi». In particolare, il summit di Sharm el Sheihk, oltre a non fare significativi passi avanti sui gas fossili, lascia aperta la questione della “transizione veg” (dalle proteine animali e quelle vegetali) e degli allevamenti intensivi che, come noto, con 7,1 gigatonnellate di CO2 rilasciate ogni anno nell’atmosfera, contribuiscono al 14,5% di tutte le emissioni antropiche climalteranti. Peraltro, il contributo delle “fabbriche animali” al riscaldamento globale è ancora più pesante poiché, proprio gli allevamenti, sono la causa principale della perdita di migliaia di chilometri quadrati di foreste, distrutte per far posto alle mega-stalle (in un solo anno, tra il 2020 e il 2021 abbiamo perso più di 13 mila chilometri quadrati di foresta amazzonica).
Sulla questione dei risarcimenti ai Paesi in via Sviluppo – principale intesa raggiunta in Egitto – sarebbe interessante comprendere i futuri meccanismi, ancora tutti da chiarire, in base ai quali saranno assegnati i fondi e per quali interventi. «Bisogna assolutamente fare in modo che tali finanziamenti, quando e se ne verrà deciso lo stanziamento, siano realmente utilizzati per contrastare i danni causati dai cambiamenti climatici e – osserva Enpa – vengano impegnati in modo assolutamente trasparente».