Nei prossimi 8 anni, secondo l’OCSE, le emissioni climalteranti prodotte dagli allevamenti dovrebbero crescere del 5%, rispetto ai valori record che già oggi si registrano. Attualmente, stando ai dati FAO, le “fabbriche animali” emettono complessivamente 7,1 gigatonnellate di gas CO2 equivalente (cioè 7,1 miliardi di tonnellate), pari al 14,5% di tutte le emissioni antropiche di gas serra. Questo è il pesantissimo tributo che tutti noi paghiamo ogni anno a un sistema distruttivo e fallimentare: quello basato sulla filiera della carne.
Attenzione, però. Il dato dell’agenzie ONU considera soltanto le emissioni direttamente collegate agli allevamenti, vale a dire quelle generate dalla produzione dei mangimi, dalla stabulazione degli animali, dalla loro movimentazione (spesso per migliaia di chilometri), dalla macellazione e dalla lavorazione delle carni, ma non quelle indirette. Collegate soprattutto alla deforestazione. La perdita di vastissime aree boschive e forestali, distrutte proprio per fare posto alle stalle – oltre a causare la morte di milioni di animali e la devastazione di preziosissimi ecosistemi – aggrava l’emergenza climatica poiché sottrae al pianeta il suo sistema di depurazione naturale (gli alberi che “catturano” e immagazzina l’anidride carbonica dell’atmosfera). L’Istituto brasiliano di ricerche spaziali ha calcolato che in un solo anno, tra l’agosto del 2020 e il luglio 2021, sono stati distrutti ben 13.235 chilometri quadrati di foresta amazzonica, una superficie estesa quanto la regione Campania.