I dati diffusi oggi dall’ISPRA in merito al “fenomeno cinghiali” certificano il fallimento della politica delle uccisioni, che Enpa da anni denuncia. Infatti, come segnalato dall’Istituto, il fortissimo aumento degli abbattimenti registrato tra il 2015 e il 2021 (+45% per un totale di oltre 2 milioni di animali nei sette anni) non sembra aver avuto alcun effetto significativo né sulla popolazione (stimata in 1,5 milioni di esemplari) né sui presunti danni causati alle attività agricole, che anzi avrebbero registrato un ulteriore incremento. «Come dimostrato con grande evidenza dal mondo scientifico, la pressione venatoria sui cinghiali non riduce i trend demografici incrementali ma anzi li rafforza in misura considerevole. Le fucilate, infatti, causano la dispersione dei branchi, incentivando l’attività riproduttiva di quelle femmine che – spiega Enpa – data la struttura matriarcale dei branchi stessi, sarebbero altrimenti inattive».
Dunque, secondo Enpa, per la gestione dei cinghiali è necessario un cambio di rotta drastico e radicale rispetto alle esperienze del passato, come peraltro sottolinea anche l’Ispra quando evidenzia l’urgenza di puntare sulla prevenzione. «Laddove applicati in modo corretto – prosegue Enpa – i metodi ecologici hanno dimostrato concretamente di funzionare. Il progetto Life Strade, ad esempio, ha permesso di ridurre in misura significativa l’invasione della carreggiata stradale da parte degli animali selvatici grazie non alle fucilate ma all’utilizzo di appositi dispositivi di dissuasione».