«Con grande preoccupazione abbiamo appreso della lettera inviata all'Assessore regionale all’Agricoltura alla Caccia e alla Pesca della Sua regione da parte delle associazioni venatorie, in merito alla "gestione" degli animali selvatici». Inizia così la lettera che la presidente nazionale Enpa, Carla Rocchi, ha inviato questo pomeriggio al presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, esprimendo la propria indignazione per le richieste avanzate all’assessore Mammi dai “rappresentanti delle doppiette”. Richieste che, come spiega Carla Rocchi, prevedono una gestione “non ideologica” del lupo (cioè le uccisioni di lupi), un piano di controllo più efficiente della volpe, presumibilmente il ritorno della caccia in tana (cioè la possibilità di massacrare cuccioli di poche settimane), il via libera a calendari venatori approvati senza il coinvolgimento dell’Ispra (cioè senza il controllo dell'unico organismo scientifico nazionale riconosciuto a livello legislativo nonché dall' Unione Europea). «Come se ciò non bastasse – prosegue Rocchi – le associazioni venatorie pretendono anche la cancellazione delle chiusure anticipate della stagione di caccia previste dall’Europa per le specie in particolare difficoltà. Esigono, in altri termini, la cancellazione delle misure di tutela normative a cui anche il nostro Paese dovrebbe attenersi”.
Le richieste avanzate dalle doppiette non sono soltanto incompatibili con la situazione ambientale attuale, con le analisi e le valutazioni scientifiche, con le regole comuni dell'Europa, nonché con gli orientamenti della pubblica opinione, ma denotano anche una scarsa conoscenza del territorio e delle dinamiche relative alla fauna regionale. Misconoscenza che diventa particolarmente evidente nel caso delle predazioni da selvatici. Un allarmismo del tutto ingiustificato come attesta un recente rapporto ISPRA: gli eventi da predatori in Emilia Romagna sono in forte flessione così come i danni. Tra il 2015 e il 2019, le predazioni sono infatti calate del 28,4% passando da 144 a 103 casi, mentre gli indennizzi erogati agli allevatori si sono dimezzati, passando da 111mila a 58mila euro.