«Ciò che è accaduto nei giorni scorsi a Rovigo è un fatto di una crudeltà inaudita e di una gravità inaccettabile anche per il ruolo, al momento poco chiaro, che sembra avere svolto il veterinario che ha proceduto alla soppressione dell'animale». Queste le parole con cui l'avvocato dell'Enpa, Claudia Ricci, preannuncia la presentazione di una denuncia presso la Procura della Repubblica di Rovigo contro tutti coloro i quali hanno avuto un ruolo nella morte di un povero carlino, soppresso dopo essere stato lanciato dal finestrino di un'auto in corsa.
Se i fatti dovessero essere confermati, contro il proprietario del cane, che non volendo più prendersi cura dell'animale avrebbe pensato di disfarsi di lui in un modo così ignobile da fare accapponare la pelle, si palesa l'ascrivibilità di reati di abbandono, maltrattamento ed uccisione di animali. Il povero cane infatti, dopo essere sopravvissuto all'impatto con l'asfalto e dopo essere curato da un primo veterinario, sarebbe stato riconsegnato al suo proprietario, il quale lo avrebbe poi affidato ad un secondo veterinario che avrebbe eseguito un intervento di presunta "eutanasia".
«Vogliamo vederci chiaro anche sulla parte avuta dal medico veterinario che ha soppresso il carlino – prosegue Ricci – perché, almeno a prima vista, considerando la normativa penale, regionale ed il regolamento di polizia veterinaria che impone precisi obblighi e limiti sulla soppressione di animali, ci sono diverse cose che non tornano. Prendiamo comunque atto dell'intervento dell'Ordine dei Medici Veterinari di Rovigo che si è attivato per fare chiarezza. Se venisse dimostrata la responsabilità penale delle persone coinvolte in questa inquietante vicenda, auspichiamo il massimo della pena, compresa la radiazione dall'ordine per il professionista che ha praticato l'eutanasia».
«Questo – conclude la presidente dell'Enpa Carla Rocchi – è solo l'ultimo di una lunga serie di crimini ai danni degli animali. Con buona pace di quanti li ritengono "reati minori", e di quanti vorrebbero addirittura depenalizzarli, è evidente come esista al riguardo un profondo allarme sociale. Un allarme al quale si deve rispondere non con un colpo di spugna, ma con un doveroso inasprimento delle pene».