Vivisezione. Italia “in mora”, Enpa: il futuro appartiene alla ricerca “cruelty free”. Non capirlo significa perdere competitività

«A quei ricercatori che tanto si lamentano per una presunta inadeguatezza della nostra legge sulla sperimentazione animale e che oggi si possono compiacere per la messa in mora del nostro Paese, chiediamo voltare pagina:a costoro chiediamo cioè di abbandonare pratiche ottocentesche mai validate scientificamente e di seguire l'esempio dei loro colleghi, soprattutto americani, i quali hanno messo a punto modelli alternativi molto più efficaci e scientificamente molto più avanzati rispetto a quelli che prevedono l'utilizzo di animali», lo dichiara l'Ente Nazionale Protezione Animali che, con l'occasione, ricorda come la stragrande maggioranza degli italiani sia contraria alle pratiche dei test sugli esseri senzienti non umani.

Il vero problema non è se la nostra legge sia più o meno severa restrittiva rispetto alle norme di altri Paesi UE, anche perché altrimenti l'Europa avrebbe scelto lo strumento del regolamento e non certo quello della direttiva. Il vero nodo è rappresentato dai finanziamenti alla ricerca “cruelty free”. «La nostra storia, più e meno recente, è costellata di casi in cui farmaci ritenuti inizialmente utili alla salute umana, si sono poi dimostrati molto pericolosi, con conseguente ritiro dal commercio. Eppure, si trattava di farmaci testati sugli animali, che, quindi, avrebbero dovuto essere assolutamente sicuri. Invece, come già sta accedendo in alcun ambiti di ricerca, dobbiamo prendere atto che sperimentare su esseri viventi geneticamente e biologicamente diversi dall'uomo è una strategia perdente non solo da un punto di vista etico ma scientifico, medico ed economico. Chi in questi anni sta investendo nella ricerca “cruelty free” sta guadagnando un vantaggio competitivo e non ci stupiremmo se in un prossimo futuro le aziende farmaceutiche “no test” dovessero soppiantare quelle ancora legate alla vivisezione».

D'altro canto, nella nostra storia c'è anche un'altra ricca casistica: quella di aziende e istituti di ricerca scomparsi dal mercato per l'incapacità di leggere, cogliere e comprendere le rivoluzioni scientifiche in atto. 

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