Toscana. La proposta del PD di sterminare i cinghiali ennesimo regalo alle doppiette. Enpa: 20 anni di abbattimenti dimostrano il fallimento di queste misure

Mentre si diffondono notizie allarmistiche ma del tutto prive di fondamento circa una presunta la pericolosità dei cinghiali, con una vera e propria campagna (volutamente) diffamatoria, il Pd toscano, con Remaschi, sta portando avanti l'iter necessario ad ad ampliare la libertà di sparo delle “doppiette” contro gli ungulati.

«Dire che la situazione toscana è surreale rappresenta un vero e proprio eufemismo», dichiara il presidente del Consiglio Nazionale di Enpa nonché coordinatore regionale della Protezione Animali per la Toscana, Marco Bravi. «Da un lato ci sono i cacciatori, responsabili ogni anno per la morte e il ferimento di decine di persone, dall'altro i cinghiali che, a quanto è dato sapere, non vanno in giro per le campagne italiane armati fino ai denti in cerca dell'occasione buona per sparare. In mezzo – prosegue Bravi – ci sono i politici PD, i quali, evidentemente, nell'affannosa e forse disperata ricerca di voti vogliono blandire i cacciatori senza tuttavia rendersi conto che essi fanno parte di una categoria sempre più minoritaria, sia nella regione che nel Paese. Questo crescente isolamento si spiega anche con il fallimento delle politiche degli abbattimenti che in oltre 20 anni non hanno prodotto alcun risultato».In realtà, sono gli stessi cacciatori a non voler risolvere un presunto problema creato proprio con i ripopolamenti venatori e utilizzato spesso come grimaldello attraverso cui ottenere una più ampia libertà di sparo. Per questo, l'Enpa ha inviato a tutte le regioni italiane un documento con tutte le misure da adottare per dare corso ad una seria politica di gestione dei cinghiali; misure che prevedono, tra gli altri, il divieto di ripopolamenti, di allevamento, di caccia e di vendita degli animali.

«Ad oggi su tali proposte di intervento non abbiamo ancora ricevuto alcun segnale dalla Regione Toscana. Il che – aggiunge Andrea Brutti dell'Ufficio Fauna Selvatica di Enpa – conferma la mancanza di una reale volontà di collaborare seriamente con chi il problema, sempre ammesso che esso esista, lo vuole risolvere».
D'altro canto, al di là della caccia all'untore – eloquente quanto accaduto nel Frusinate, con un allarme generalizzato contro i “cinghiali killer” colpevoli di avere causato la morte di un uomo che poi si è scoperto essere stato ucciso da un atto di bracconaggio -, gli unici dati certi e incontestabili sono quelli relativi al fallimento, alla pericolosità e alla dannosità sia della caccia e che delle politiche di abbattimento, come peraltro riconosciuto dallo stesso Governo con una recente risoluzione.

«Stando così le cose – conclude Brutti – chi ancora si ostina a blandire le doppiette dimostra di essere, in malafede perché nonostante sia ormai dimostrata anche scientificamente l'inutilità del ricorso agli spari per la gestione della fauna selvatica, continua per ragioni di consenso elettorale a riproporre misure del tutto fallimentari».

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