L'Ente Nazionale Protezione Animali ha inviato alla seconda Commissione Consiliare, dove è in corso l'iter della proposta di legge numero 27 che modifica l'attuale normativa regionale sulla fauna, un documento tecnico esprimendo forte preoccupazione. «Siamo rammaricati che l'Enpa, la più antica associazione per la protezione degli animali, l'unica citata dalla legge 157/92, non sia stata invitata. Tuttavia, nello spirito di collaborazione che da sempre ci contraddistingue, abbiamo comunque ritenuto opportuno sottoporre all'attenzione della Commissione il nostro parere tecnico sulle modifiche proposte», spiega commenta Marco Bravi, coordinatore dell'Enpa per la Toscana e Presidente del Consiglio Nazionale dell'associazione. «Purtroppo – prosegue Bravi – si continua ad inseguire la strada degli abbattimenti, nonostante essi non abbiano mai prodotti risultati, e di una maggiore possibilità di sparo, per consentire la quale verrebbe addirittura stralciato il Piano faunistico-Venatorio in modo da autorizzare l'accesso dei "selecontrollori" anche alle aree finora vietate. Con tutti i rischi che ne conseguono per la biodiversità.
La proposta di legge della Toscana prevede inoltre "autorizzazioni facili" poiché per imbracciare la “doppietta” e sparare sarà sufficiente un documento che certifichi, anche in modo generico, l'esistenza di un possibile danno causato dai cinghiali e si faccia riferimento – in modo altrettanto generico – ad una presunta efficacia dei metodi ecologici, obbligatori ai sensi della legge 157/92. Il tutto senza disporre di alcun dato scientifico né, tanto meno, di censimenti relativi all'effettiva composizione delle popolazioni. Ma è anche preoccupante il fatto che si vogliano escludere le guardie venatorie volontarie, le guardie ambientali, gli agenti di polizia giudiziaria, i corpi di polizia municipale e altri soggetti dalla vigilanza durante lo svolgimento degli abbattimenti.
«E' incomprensibile come si voglia ridurre fortemente la sorveglianza venatoria in una regione dove numerosi sono gli episodi di illegalità nei confronti dei selvatici (l'ultimo ieri nel Pisano) così come non ci si spiega il via libera alla circolazione fuori strada di veicoli a motore utilizzati per l’attività venatoria quando la norma nazionale vieta la caccia con queste modalità. Ma il punto è un'altro – precisa Andrea Brutti, dell'ufficio fauna selvatica Enpa -: se si volesse affrontare seriamente la gestione degli ungulati, occorrerebbe anzitutto vietare ogni forma di ripopolamento, anche nelle aziende faunistico venatorie da dove questi animali potrebbero fuggire e dovrebbero essere imposti controlli straordinari su tutti gli allevamenti, sul commercio, e sui numerosi illeciti che vengono compiuti. Ma di tutto questo, nella modifica normativa proposta, non c'è traccia. Forse perché il vero obiettivo è quello di far coincidere la gestione faunistica con la fallimentare gestione venatoria, cercando nuove modalità per poter sparare di più».