Spesso tra la vita e la morte di un animale c'è un fatto casuale. Come una mamma che dice ai figli di ripulire dalle erbacce un orto in Brianza. I figli che notano, nei cespugli adiacenti all'orto, un movimento. E lì, imprigionato in un intrico di rami spinosi, un piccolo agnello ormai allo stremo. Il giorno prima è passato da lì un gregge di pecore: troppo facile immaginare che l'agnellino, debilitato dal caldo torrido, si sia impigliato nei cespugli e non abbia avuto la forza di seguire la madre e le compagne. Ma ha avuto tanta fortuna.
I suoi salvatori, infatti, conoscono una volontaria dell'Enpa di Monza che immediatamente avverte il canile in orario di chiusura. Ad attendere l'agnello si fermano volontari esperti nella gestione di questi tipi di animali.
Portato in ambulatorio, l'agnellino (una femmina di circa 30 giorni, solo 5 chili di peso) viene sottoposto a uno scrupoloso esame delle ferite: purtroppo le lacerazioni lasciate dalla spine nei giorni precedenti. Viene effettuata una lunga e accurata pulizia delle zone infette.
L'agnello, imbottito di antiinfiammatori e di antibiotici, riesce a succhiare anche pochi ml di latte di capra. La prognosi è riservata. Ma Tommasina (questo è il nome dato perché il giorno del ritrovamento era dedicato a San Tommaso) si rivela una roccia.
Il mattino seguente beve con avidità il latte che le viene offerto con il biberon. Le zone infette vengono ulteriormente ripulite dai veterinari presenti e inizia il periodo di riabilitazione con quotidiane medicazioni sulle vaste ferite alternate a poppate sempre più abbondanti.
Sono passate tre settimane. Tommasina è fuori pericolo (ha superato anche una brutta infezione al labbro), è aumentata ben cinque chili, ha imparato a cibarsi anche di fieno e pascola sui prati del canile di Via San Damiano. Segue come un cagnolino i volontari che l'accudiscono maggiormente.
Ma cosa sarebbe successo a quest'agnello senza quella richiesta di ripulire dalle erbacce un orto in Brianza?