Arriva da Lissone (Monza) l'ennesima storia di degrado che accomuna uomini e animali. Il Nucleo Antimaltrattamento dell'Enpa di Monza monitorava da diverso tempo la situazione di un sessantenne, disoccupato e invalido, che deteneva nella propria abitazione una coppia di cani. Gli animali erano stati lasciati al proprietario perché, oltre al fatto che più volte l'uomo aveva sostenuto che erano la sua unica ragione di vita, erano ben tenuti, ben alimentati e ben socializzati. Il sostegno dei volontari, quindi, si limitava a fornire cibo, coperte e quant'altro necessario per il loro sostentamento.
In occasione di uno dei regolari sopralluoghi, però, la richiesta di cibo per gatti ha messo in allarme i volontari, che, entrati nell'appartamento, hanno avuto una terribile sorpresa. In cucina, prigioniero in un cesto per la biancheria, chiuso con un asse di legno fissato con del filo di ferro, c'era infatti un piccola gatto.
Alle più che legittime domande dei volontari, l'uomo ha spiegato di avere adottato il felino il giorno prima da una fantomatica “gattara,” aggiungendo di averlo messo in quell'improvvisata “gabbia” perché non sapeva come gestirlo. La povera micia – si tratta di una femmina bianca e nera di pochi mesi – era in brutte condizioni; per questo, i volontari, dopo aver edotto l'uomo sul mancato rispetto delle necessità etologiche dell'animale e sulle violazioni commesse, l'hanno portata via immediatamente, intimando all'uomo di non prendere altri animali.