«Un provvedimento vecchio, anzi fossile, come uno dei suoi punti di forza, le trivellazioni petrolifere, basato su di uno sviluppo insostenibile, che, con lo strumento della deroga a 360°, tutto travolge – regole e territorio, paesaggio e beni archeologici, turismo e risorse naturali – e che colpisce duramente la biodiversità, sia di terra che di mare. Rivolgiamo un forte appello ai senatori, affinché nella imminente discussione a Palazzo Madama il testo sia radicalmente modificato.» Così Enpa, Italia Nostra e Lipu giudicano l'approvazione da parte della Camera dei Deputati del decreto legge numero 133/2014, avvenuta oggi dopo la forzatura del voto di fiducia voluto dal Governo la scorsa settimana.
«In nome dell'”interesse nazionale”, con lo “Sblocca Italia” ogni intervento nel nostro Paese diviene possibile e nessun lembo d'Italia, neppure le aree protette, possono dirsi al riparo dal “furore interventista” che recupera vecchi progetti di strade e autostrade, la filosofia degli inceneritori, un grande consumo di suolo e, ovviamente, perdita di biodiversità. Nel mirino del provvedimento è in modo particolare la fauna marina, consegnata con i suoi delicati ecosistemi alla proliferazione di trivelle per la prospezione, l'estrazione, lo stoccaggio del petrolio. Ben note ormai sono le conseguenze su delfini, balene, capidoglio e tartarughe delle attività “umane” legate alla ricerca del combustibile fossile: non solo per l'inevitabile sversamento delle sostanze usate per l'estrazione dal fondo marino, ma anche per il devastante impatto acustico che già oggi è uno dei fattori causa degli spiaggiamenti e della morte degli abitanti del mare.»
«Lascia stupefatti la noncuranza con cui possono essere autorizzate le trivellazioni, anche sulla terraferma; vittime predestinate regioni come Abruzzo, Molise e forse ancor di più la Basilicata, completamente sacrificata agli interessi del petrolio. Lo “Sblocca Italia” presenta gravi aspetti di incostituzionalità, in quanto, grazie alle procedure di deroga e di eccezione invocate, scavalca ogni competenza e tentativo di opposizione delle regioni sul proprio destino. Tutto questo è frutto di una visione meramente economicistica tutta contro la “Green Economy”, contro il territorio come bene comune, la biodiversità come valore prezioso e assoluto. Tutto questo è in totale contraddizione con le posizioni assunte dal nostro Governo anche in sede Onu a proposito dello stravolgimento del clima e del futuro del pianeta.»
Non esiste un'”Italia di ricambio”, non meritiamo un'aggressione tanto brutale al territorio.