Erano legati a un albero con una catena e non hanno avuto scampo dalle fiamme che sopraggiungevano. Sono morti così, senza alcuna possibilità di fuga, 5 cani detenuti in contrada Frescura, a Siracusa, in un terreno di proprietà di un pensionato. A renderlo noto è la Sezione Enpa di Siracusa, accorsa sul posto con i propri volontari non appena ricevuta segnalazione dell’incendio.
«Le fiamme – racconta il responsabile della Protezione Animali siracusana, Alessandro Grasso – si sono sviluppate da un campo adiacente a quello in cui si trovavano gli animali e si sono propagate in fretta, prima che arrivassero i soccorsi. Ma il bilancio di questa tragedia sarebbe potuto essere ben più pesante se il rogo non si fosse spento da solo, una volta esaurito il materiale comburente». Infatti, oltre alle 5 vittime (due sono state trovate in un box improvvisato), sul terreno si trovavano altri 15 cani, tutti sopravvissuti e affidati alle cure del canile sanitario, di cui 6 adulti – tenuti sempre a catena – e ben 9 cuccioli, che, invece, avevano piena libertà di movimento. Un numero considerevole di animali dunque, ben 20, che, ancorché microchippati (gli adulti), non si capisce bene a quale titolo fossero detenuti.
Tuttavia, questo non è l’unico punto oscuro della vicenda. Nelle prossime ore gli investigatori dovranno fare luce su molte circostanze oscure, a partire dalla natura dell’incendio che già da ora si sospetta essere doloso. E che, secondo l’Enpa di Siracusa, non sarebbe stato appiccato con l’intenzione di uccidere, altrimenti le fiamme sarebbero divampate direttamente sul terreno dove si trovavano i cani. Ma da chiarire c’è soprattutto la situazione degli animali, molti dei quali sono stati trovati in precarie condizioni di salute. Tra l’altro il loro proprietario – che è proprietario anche del terreno – sarebbe persona già nota alla magistratura. E secondo alcune testimonianze raccolte dall’associazione, in passato all’uomo sarebbero stati sequestrati alcuni cani.
«Quelle relative al sequestro sono, al momento, solo ipotesi. Resta, tuttavia, il fatto che le istituzioni erano a conoscenza di quella situazione, difficile pensare il contrario. Sapevano, ad esempio, che l’uomo era proprietario di diversi cani. La presenza del microchip lo conferma. E allora – prosegue Grasso – com’è possibile che nessuno abbia mosso un dito, prima per sottrare gli animali una condizione di detenzione incompatibile con il loro benessere, poi alla violenza della fiamme? Spero che l’inchiesta non tralasci alcuna ipotesi investigativa e faccia chiarezza anche su questi aspetti».