Pistoia, addio tra le lacrime ai cani messi in vendita dal giudice come se fossero lavatrici. L’Enpa li ha accuditi per quasi un anno

Non è servita purtroppo la mobilitazione contro il trasferimento dei cani sequestrati in un allevamento, accuditi dall’Enpa di Pistoia per nove mesi e ora messi in vendita dal giudice. Come se fossero lavatrici, non esseri senzienti.

Enpa Pistoia ha sperato fino all’ultimo minuto di poterli tenere nel rifugio al fine di poterli dare in adozione, ma il Tribunale di Siena ha deciso di venderli all’associazione Animalia Amo International, con sede nel Lazio. I cani erano stato accolti da Enpa Pistoia, dopo il sequestro, «con la speranza di trovargli una famiglia dove trascorrere il resto della vita», ha dichiarato al quotidiano “Il Tirreno” la presidente della Sezione Enpa di Pistoia, Rossella Ghelardini. «Fin da subito – ha dichiarato ancora Ghelardini al Tirreno – l’Enpa si era attivata per ottenere l’affidamento definitivo dei cani. La nostra richiesta di averlo a titolo gratuito è stata respinta dal pubblico ministero incaricato, avanzandoci invece la possibilità di acquistare i cani con la formula di “proposta onerosa a titolo simbolico”. A quel punto ci siamo attivati con una raccolta fondi tra tutti i volontari. Il nostro desiderio era che i cani rimanessero da noi, perché per molti di loro erano già in corso possibili adozioni. Il tribunale, però, non ci hai mai più risposto».

Poi, a febbraio, la notizia dell’acquisto da parte di Animalia. «A quel punto – ha aggiunto ancora Ghelardini al quotidiano toscano – l’Enpa nazionale ha presentato istanza in procura facendo presente che l’Enpa di Pistoia aveva già dato la disponibilità per l’acquisto. Contemporaneamente abbiamo contattato l’associazione Animalia per far loro presente il fatto che i cani erano con noi già da nove mesi, ma non ci hanno mai risposto. Francamente, in tanti anni non è mai capitata una cosa del genere. Anche perché, a mio modo di vedere, vendere animali che sono prima stati sequestrati non è accettabile».

L’articolo completo del quotidiano “Il Tirreno” è qui.

Foto: Il Tirreno (internet)

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