Per curare la “febbre” del pianeta essenziale cambiare stili di vita, anche alimentari. Non solo traffico e fabbriche, il 20% dei gas serra dal consumo di carne

«Di fronte ai disastri prodotti dal riscaldamento globale, di cui è simbolo l'orso polare ridotto allo stremo dalla fame, non basta commuoversi : se vogliamo curare la “febbre” del nostro Pianeta è fondamentale agire e farlo subito. Ma ogni intervento rischia di essere a ridotta efficacia se l'agenda “clima” dovesse continuare ignorare la questione legata al consumo di carne e agli allevamenti, e a non pianificare contromisure adeguate». Così la consigliera nazionale di Enpa, Annamaria Procacci, commentando il rapporto presentato oggi dal WWF, che rappresenta un lavoro di denuncia estremamente importante.

Secondo Enpa, tra i principali responsabili per il vertiginoso aumento delle temperature, e per gli stravolgimenti climatici ci sono proprio le nostre abitudini alimentari, con la filiera della carne messa sotto accusa dalla Fao per il rilascio in atmosfera di ingenti quantità di gas serra. Stima infatti l'organizzazione ONU che un quinto delle emissioni globali (la stessa quantità prodotta in tutto il mondo dal traffico urbano), viene generato dagli allevamenti, industriali e non. Se, ad esempio, si considera il solo metano, ogni anno dai circa 2 miliardi di bovini reclusi per diventare “polpette”, ne finiscono in atmosfera ben 100 milioni di tonnellate. Alle quali vanno aggiunte quelle dei suini e degli avicoli. Ma di questo aspetto discutendo di global warming non si parla mai.

«Evidentemente a livello politico c'è, in Italia e all'estero, il convincimento che esista un “pianeta di ricambio” – afferma Procacci – altrimenti non si può spiegare il silenzio delle istituzioni sulle vere cause, sulle conseguenze e sulle proposte realmente efficaci per contrastare gli stravolgimenti climatici. Perché, senza una inversione di tendenza rispetto al consumo e all'industria della carne, e a quel 20% di emissioni provenienti dagli allevamenti, qualsiasi altra azione di contrasto rischia di produrre risultati insufficienti».

Oggi purtroppo le prospettive sono assolutamente preoccupanti. La stessa FAO prevede che nei prossimi 35 anni il consumo di carne sia destinato quasi a raddoppiare (+73%), fino a raggiungere nel 2050 la soglia record di 465 milioni di tonnellate (nel 1950 se ne consumavano 45 milioni). Insomma, gli allevamenti non producono solo sofferenza per i “reclusi” – moltissimi animali vedono per la prima volta la luce del sole solo quando vengono portati al mattatoio – ma, oltre ad aggravare “l'emergenza fame” (con le risorse dirottate dall'alimentazione umana agli allevamenti) ma mettono in gravissimo pericolo la sopravvivenza stessa del pianeta perché il “sistema delle macchine animali” è, in realtà, una immensa, gigantesca fabbrica di gas serra. L'unica contro cui finora non sono state prese contromisure adeguate

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