Dopo l'ennesimo cavallo morto al palio di Siena, due giorni fa, con le immagini della sua gamba penzoloni dopo una frattura completa, mentre viene ancora e ancora colpito dagli altri cavalli in corsa, ci saranno le denunce per accertare le eventuali responsabilità penali e quelle per ribadire le sicure responsabilità morali di una cittadina che sta mortificando se stessa.
Ma – osserva l’Ihp – ormai l’indignazione non basta più: è urgente arginare questo massacro. Partiamo col dire la verità su questa manifestazione che si presenta come storica e profondamente rispettosa dei cavalli ma che in realtà è tutt’altro.
Il palio di Siena viene definito come una manifestazione tradizionale, ma ormai da molto tempo non ha più nulla della tradizione con cui era nato (ammesso che anche quella fosse accettabile): negli anni è diventato una corsa dove la rievocazione storica è una facciata e dove invece ogni elemento è spinto al massimo verso la competizione pura e verso una vittoria che non ha solo il “cencio” come premio ma ben altro a far gola ai fantini. A questo si aggiunge una pista con due curve impossibili a 90 gradi: il risultato è un innesco quasi automatico di scontri e cadute, tanto che chiamarli incidenti è pura ipocrisia.
Il palio viene trasmesso dalla Rai, attenta a puntare le telecamere accuratamente lontano dalle rovinose cadute dei cavalli: ché quelle eccitano gli animi di chi è lì in piazza in preda al delirio, ma potrebbero urtare e sconcertare chi guarda da casa. Qualcuno vorrebbe addirittura proporre il palio come patrimonio dell’Unesco.