Lupi. Enpa contro i dati dell’assessore Remaschi: sono fake news, in Toscana non ci sono mille lupi. Basta propaganda, la parola passi alla scienza e al dialogo

«I dati citati dall'assessore Remaschi circa il numero di lupi presenti in Toscana sono una fake news, diffusa probabilmente per alimentare la campagna di terrore e di odio contro questa specie. Una campagna che proprio nel mondo politico della Toscana ha il suo terreno più fertile». Andrea Brutti, dell'Ufficio Fauna Selvatica di Enpa, replica così all'assessore regionale Marco Remaschi che, in una lettera aperta agli allevatori toscani, ha quantificato addirittura in mille gli esemplari di lupo presenti sul territorio regionale.
 
Il numero non trova altro riscontro se non nelle dichiarazioni propagandistiche dell'assessore. Non in quel Piano Lupo che Remaschi vorrebbe fosse approvato con la licenza di uccidere. In questo documento i lupi vengono quantificati in 150 esemplari per la regione alpina1.580 per l'intera area appenninica. E non è tutto, perché Remaschi smentisce anche l'istituzione che egli rappresenta. Uno studio pubblicato sul sito del Consiglio della Regione Toscana e datato luglio 2017 "stima" la popolazione regionale di lupi in 550/600 unità (un dato, secondo Enpa, comunque sovrastimato). Dunque ben al di sotto dei numeri riferiti da Remaschi. Ma la vera questione, oltre alla mancanza di censimenti scientifici, è che la numerosità della popolazione di lupi non è una discriminate. Il problema, infatti, è che in Toscana per l'opposizione di alcuni allevatori non si fa adeguata e capillare prevenzione. Che siano presenti 100, 5mila o anche solo 10 esemplari, senza prevenzione e messa in sicurezza degli animali è impossibile evitare le predazioni.
 
«L'obiettivo delle "chiamate alle armi" agli allevatori, dunque, è di rintuzzare una campagna d'odio e di terrore finalizzata soltanto a catalizzare il consenso delle frange estremiste. Ci sono allevatori – prosegue Brutti – che lasciano gli animali liberi di pascolare, senza alcuna protezione ed esposti irresponsabilmente ad ogni pericolo». Dunque è da qui che bisogna partire, imponendo l'obbligo di adottare tali misure. Perché un allevatore virtuoso (cioè quello che adotta tutte le precauzioni possibili) deve essere considerato, ai fini dei rimborsi, alla stessa stregua di uno che non fa prevenzione? Le istituzioni devono risarcire solo i primi. «Ma – prosegue Brutti – è necessario anche applicare le leggi, iniziando dal controllo dei cani non sterilizzati lasciati liberi di vagare sul territorio, che alimentano il randagismo. Solo così si può contrastare il fenomeno di meticciamento tra lupi e cani, al quale può essere ricondotta la stragrande maggioranza delle predazioni. Insomma, fare prevenzione è possibile, con recinti, cani da guardiani, ricoveri notturni. Lo dimostrano anche i progetti pilota fin qui realizzati: hanno dato risultati eccellenti, permettendo una significativa riduzione dei danni nelle zone interessate».

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