L'8 maggio è la Giornata Mondiale degli Uccelli Migratori istituita dall'Onu e mentre la Natura celebra il suo splendido rituale di vita, con la migrazione, lo spostamento di milioni di uccelli per migliaia di chilometri per la nidificazione e la riproduzione, il nostro Paese ha appena inviato all'Europa il pacchetto del Recovery Plan e, al suo interno, per la natura ci sono solo poche briciole: poco più di un miliardo di interventi di estrema modestia che non possono essere davvero la risposta alla svolta verde per la biodiversità dell'Unione che l'Europa ha intrapreso con lungimiranza e coraggio. Eppure, il nostro Paese è fondamentale per la biodiversità e per la sua riproduzione. L'Italia è il ponte che lega il continente africano al continente europeo e a tutto il paleartico.
In queste settimane un flusso di cicogne, di rapaci e di tanti altri uccelli volteggia, sfruttando le correnti ascensionali, sullo Stretto di Messina specie anche in pericoloso declino come è noto. Eppure dello stretto sentiamo parlare solo per rilanciare il vecchio progetto, che speravamo accantonato definitivamente, del ponte. Una grande opera che non solo presenta molti aspetti di non realizzabilità ma che andrebbe a collidere completamente con le politiche europee di conservazione della natura. Tutta l'area, che comprende due zone di protezione speciale (Zps) e 11 siti di interesse comunitario (Sic), infatti, è tutelata dalla direttiva per la conservazione degli uccelli selvatici. Come si può cancellare questi aspetti naturalistici così importanti a livello continentale?