Il fallimento della COP 16 sulla biodiversità, che si è conclusa con un nulla di fatto lo scorso 1° novembre a Cali (Colombia), è la cartina di tornasole ma è anche la logica conseguenza di una pericolosa regressione delle politiche ambientali in atto ormai da diversi anni. A preoccupare è soprattutto l’involuzione dell’Europa. Fino alla scorsa legislatura europea, gli indirizzi politici espressi da Bruxelles in materia di tutela della biodiversità sono stati un esempio per tutto il mondo, ed hanno spesso avuto una funzione di traino per i Paesi meno “virtuosi”. Il Green Deal varato dalla “Von der Leyen 1”, con la road map per la sostenibilità, pur non rappresentando l’optimum, ha segnato comunque il punto più alto di questo percorso. Ma la guerra in Ucraina prima e il conflitto in Medio Oriente poi, sono stati usati come pretesto dalle lobby anti-ambientali per promuovere lo smantellamento delle politiche green. «E questo – commenta Enpa – è un pessimo segnale in vista della conferenza sul clima, la Cop 29, che si apre a Baku, in Azerbaijan, il prossimo 11 novembre».
L’inversione di rotta non si sta manifestando soltanto con le crescenti pressioni per mettere in stand by la transizione, ma anche con il tentativo di attenuare, se non addirittura rovesciare, l’impianto normativo a tutela della biodiversità. Gli attacchi più sinistri sono quelli di cui è oggetto la direttiva Habitat, che alcuni gruppi di pressione – gli armieri, che pure sono rappresentati nel Parlamento europeo, e le associazioni di categoria “faunofobe” – vorrebbero indebolire, rivedendo lo status protezionistico di cui godono alcune specie. Specie che, peraltro, svolgono un ruolo preziosissimo per l’equilibrio degli ecosistemi. «Modificare la direttiva Habitat per accontentare le lobby – prosegue l’Ente Nazionale Protezione Animali – creerebbe un precedente pericolosissimo e causerebbe un gravissimo danno agli ecosistemi, non solo europei ma dell’intero pianeta».
C’è poi la questione – altrettanto prioritaria – degli allevamenti intensivi. Un tema di primaria importanza per quei miliardi di esseri senzienti condannati a vivere e morire in condizioni indegne all’interno delle “fabbriche animali”, e per il rilevante contributo che questo sistema perverso fornisce al riscaldamento globale, alla diffusione delle epidemie (vedi l’influenza aviaria e la peste suina), alla perdita di biodiversità (deforestazione e disboscamento). Sugli allevamenti l’Europa tace colpevolmente, a partire dalla messa al bando delle gabbie, chiesta a gran voce da milioni di cittadini. Così come restano silenti gli altri governi e persino le grandi Conferenze internazionali chiamate a fornire soluzioni organiche. «E così, mentre tutto tace, le nostre città vengono devastate da alluvioni lampo che fanno centinaia di vittime e miliardi di danni. Purtroppo – conclude Enpa – Valencia non è la prima e non sarà l’ultima; la COP 29 si appresta ad iniziare i suoi lavori sotto i peggiori auspici».