Europa e animali. Il 9 maggio la festa dell’Unione Europea, Enpa: dall’UE un forte contributo alla tutela di animali e ambiente, ma c’è ancora molto da fare. Le nostre richieste

«Per celebrare la giornata dedicata all’Unione Europea serve una migliore applicazione delle normative comuni e servono nuovi obiettivi da raggiungere, non certo meno Europa. E’ ciò di cui, a più sessant’anni dalla firma dei Trattati di Roma, hanno bisogno gli animali, la natura, i cittadini. Soprattutto oggi che il crescente populismo rischia di  mettere in pericolo, con una deregulation nazionalistica, la regole comuni di tutela ambientale. Tuttavia, anche in un momento così delicato, su questo versante giungono, proprio dall’Europa, segnali incoraggianti. Quali, ad esempio, il bando sui tre pesticidi neonicotinoidi sche, seppur ancora insufficiente, rappresenta comunque un passo avanti nella tutela delle api. Positiva è anche la risoluzione, approvata a larghissima maggioranza, con cui il Parlamento Europeo ha chiesto il bando, in tutto il mondo, dei test condotti sugli animali per i cosmetici». Lo dichiara Annamaria Procacci, consigliera nazionale di Enpa.
 
Ma per rendere l’Unione Europa realmente  animal friendly molto resta ancora da fare, a partire dal divieto di uccidere i randagi e dalla creazione di un’anagrafe europea degli animali d’affezione. Così come è necessario puntare con forza sulla ricerca scientifica senza animali. «All’Europa – prosegue Procacci – chiediamo che venga adottato un regime di totale protezione,  equindi l’esclusione dalla caccia, di tutte le specie di uccelli selvatici in crisi, classificati cioè come Spec1, Spec2, Spec3».
 
Anche per l’Italia, l’Europa ha rappresentato uno stimolo al progresso. E se oggi siamo tutti più sensibili e attenti alla tutela dell’ambiente e degli animali, il merito – in fondo – è pure di Bruxelles. Per questo, è fondamentale voltare pagina rispetto all’esperienza politica recente, la peggiore che il Paese abbia vissuto sotto l’aspetto ambientale: dall’assalto alla normativa sui parchi, ai tentativi di introdurre l’uccisione dei lupi, al testo unico sulle foreste.  Una controriforma culturale – questa – che ci ha riportato al periodo in cui la natura era considerata alla stregua di merce da sfruttare e non un patrimonio condiviso che ogni Stato deve proteggere.
 
Eppure in questi sessant’anni, l’Europa e con essa l’Italia, ha compiuto un lungo cammino, scandito da direttive e regolamenti fondamentali, quali le due “direttive madri”, quella sulla conservazione degli Uccelli selvatici (la 409/1979, novellata nel 2009) e la numero 43/1992, nota come direttiva Habitat.

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