Esiste un collegamento, un link, in termini di predicibilità, tra i maltrattamenti animali e ogni altro reato. E' stato cioè dimostrato, prima negli Stati Uniti e oggi finalmente in Italia, che chi compie reati in danno agli animali (maltrattamento, uccisione) è incline a ripetere tali atti criminali anche sulle persone, soprattutto sulle categorie più fragili quali donne e bambini.
Se ad esempio si considera la violenza domestica, negli Stati Uniti dagli anni 70 ad oggi, più del 70% delle donne vittime di abusi ha denunciato che i loro aguzzini avevano compiuto atti di crudeltà sugli animali o avevano minacciato di compierli e che più del 30% delle madri maltrattate ha segnalato analoghi comportamenti messi in atto a danno degli animali domestici. Nel nostro Paese, soltanto nel 2016, Link Italia e il Nirda del Corpo Forestale dello Stato (Nucleo Intervento Reati in Danno agli Animali) hanno accertato ben 942 casi di correlazione tra reati contro gli animali, crimini contro le persone e crimini di varia altra natura.
Questo significa che il maltrattamento e l'uccisione di animali rappresentano importanti spie d'allarme, e che attraverso la prevenzione e la repressione di questi reati, non si garantisce soltanto la necessaria tutela degli esseri senzienti non umani, ma si proteggono «Fortunatamente – spiega la presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi – l'orientamento giurisprudenziale di questi anni, anche grazie alle nostre iniziative giudiziarie, è cambiato profondamente e i crimini contro gli animali non vengono più considerati “minori”. Ciononostante incontriamo ancora incomprensibili sacche di resistenza, come dimostra l'incredibile caso del pastore di Irgoli».
«Per questo rinnoviamo il nostro appello alla magistratura e a tutte le forze di polizia – conclude Rocchi – affinché ogni singolo caso di animalicidio o di maltrattamento venga affrontato con la massima considerazione. Fermare oggi un maltrattatore di animali, potrebbe fermare domani un femminicida».