Enpa alla Senatrice Cattaneo: la sperimentazione sugli animali è cattiva scienza. Lo afferma Hartung autorevole professore della Johns Hopkins di Baltimora. Il futuro è della ricerca “cruelty free”

Ricercatori, lobby del farmaco e allevatori di animali “da laboratorio” prendano atto del profondo cambiamento di paradigma che è oggi in corso e lo assecondino, invece di arroccarsi su posizioni ideologiche e antistoriche. Continuare a negare una realtà su cui la stessa comunità scientifica converge con sempre maggiore convinzione, ossia che i test sugli animali non hanno valore predittivo, ricorda l'atteggiamento di quei conservatori che, per difendere rendite di posizione o per incapacità di comprendere l'innovazione, rimangano fermi a vecchi riti e a liturgie anacronistiche.

E così invece di informare l'opinione pubblica su un aspetto cruciale che interessa la vita di tutti noi, l'intervento della senatrice Cattaneo – a nostro avviso – finisce per risolversi in una apologia della sperimentazione, che ci viene presentata alla stregua di un metodo infallibile e irrinunciabile. Non senza un'amara ma involontaria “autoironia” laddove si celebra il presunto affetto dei ricercatori per i “loro” animali. Naturalmente, sorvolando sul fatto che quegli stessi ricercatori hanno in precedenza inoculato, in quegli stessi animali, virus e tumori per “vedere l'effetto che fa”. Strano modo, questo, per dimostrare l'affetto.
Nell'articolo della senatrice Cattaneo, pubblicato senza contraddittorio, non una parola viene spesa sulle centinaia di farmaci che ogni anno vengono ritirati dal commercio perché se ne dimostra la pericolosità. Eppure si tratta di medicinali testati sugli animali e che pertanto si presume essere innocui. Così come testati sugli animali sono anche quei farmaci, i cui effetti collaterali ogni anno causano la morte di oltre 200 mila persone.
Non una parola poi viene spesa dalla senatrice su quello studio pubblicato sulla prestigiosa rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences", citato nel 2013 dal New York Times, che dimostra come i risultati ottenuti dagli esperimenti sui topi non possono essere trasferiti sul modello umano per almeno tre diversi tipi di patologie (sepsi, traumi e ustioni).

E chissà cosa pensa la professoressa Cattaneo di ciò che T. Hartung (direttore dell'European Union Reference Laboratory for alternatives to animal testing) scrisse nel 2005 sulla rivista "Nature" definendo i test sugli animali come cattiva scienza. D'altro canto, è evidente che se gli esperimenti su topi, cavie, cani e primati fossero davvero efficaci non ci sarebbe alcun bisogno di testare quelle medesime sostanze anche sulle persone.

Di tutte queste considerazioni nell'articolo della senatrice Cattaneo non c'è traccia. Evidentemente la professoressa è legata a un mondo nel quale gli animali sono utilizzati per i test cosmetici e nel quale la genomica e le coltivazioni cellulari in vitro – vero avvenire della scienza medica – sono ancora un'utopia. La realtà, invece, è ben diversa.

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