L'Ente Nazionale Protezione Animali attiva l'ufficio legale in merito alla delibera regionale (la 552/2019) che prevede "caccia selvaggia" contro i cinghiali. Secondo l'associazione, il provvedimento presenta evidenti e chiari profili di illegittimità poiché, oltre a non prevedere alcun limite alla fucilate né per quanto riguarda il numero di esemplari né per quanto concerne la durata degli spari – i cinghiali possono essere ammazzati 365 giorni l'anno – fa molta confusione tra attività venatoria vera e propria e piani di "controllo", materia alla quale il mondo venatorio è estraneo, stando all'art. 19 della legge 157 del 1992 sulla tutela della fauna. La delibera in questione prevede invece che i cacciatori vengano coinvolti nelle attività cosiddette di selezione, nonostante la stessa Corte di costituzionale abbia più volte ribadito (sull'argomento si contano ben cinque sentenze) che tali interventi non possano essere affidati alle "doppiette", ma solo a personale delle pubbliche amministrazioni.
Ma la delibera sparatutto dell'Emilia Romagna è illegittima anche per altri evidenti contrasti con la legge nazionale 157/92, a partire dall'obbligo di applicare in via prioritaria i metodi ecologici: altre eventuali soluzioni possono essere prese in considerazione solo dopo che l'Ispra (l'Istituto scientifico di riferimento per la fauna selvatica) ne abbia valutato l'efficacia. «Non contestiamo soltanto la legittimità del provvedimento; contestiamo, anche e soprattutto, l'impostazione strategia che ne sta alla base. Una impostazione – spiega Enpa – fallimentare, che non tiene in alcun conto il mondo scientifico e che ignora un semplice quanto evidente dato di fatto: sono più di 20 anni che nel nostro Paese si uccidono animali selvatici, eppure si lamentano sempre problemi di sovrannumero».
Ed è proprio questa, secondo Enpa, la più lampante dimostrazione del fallimento di politiche finalizzate esclusivamente a favorire il mondo venatorio.