Di giorno il rombo dei motori, di notte il suono assordante della musica. Non c’è pace per gli animali selvatici al Parco di Monza

La SIAS, la Società che ha in gestione l’autodromo, ha avanzato richiesta di costruire nell’area verde della Gerascia una “struttura permanente” dove poter svolgere mega concerti. Lo denunciano le associazioni Enpa, Lav, Leidaa, Lipu, Wwf. Tutto lascia supporre che, se i progetti della SIAS fossero realizzati, il Parco di Monza, da oasi di relativa pace per la fauna selvatica potrebbe trasformarsi in un luogo per grandi manifestazioni musicali, come quelle che si tengono frequentemente al Forum di Assago o, talvolta, allo stadio di San Siro. Per intenderci, quelle che richiamano decine di migliaia di spettatori.

E tutto naturalmente “nel rispetto dell’ambiente”, come ha recentemente dichiarato in un’intervista l’attuale vicepresidente di Regione Lombardia Fabrizio Sala, il quale peraltro si augura di poter ospitare nel Parco nientepopodimeno che cantautori del calibro di Vasco Rossi e Claudio Baglioni. Analoghe opinioni sono state espresse dal Consigliere regionale Andrea Monti. Una struttura permanente costituirebbe un passaggio indispensabile per fare del Parco di Monza un luogo di riferimento per organizzatori di grandi concerti.

Come sia possibile pensare che ciò non abbia conseguenze sulla flora e sulla fauna selvatica lascia sgomenti. Perdita uditiva, effetto mascheramento derivante dall’impossibilità di udire i segnali ambientali, stress generale, aumento della frequenza cardiaca e del ritmo respiratorio, effetti comportamentali fino all’abbandono del territorio e perdita della fase riproduttiva. Questi sono gli effetti già conosciuti dell’inquinamento acustico sulla vita degli animali selvatici, con la conseguente riduzione e frammentazione del loro habitat. Come possono pensare autorevoli politici regionali che i suoni assordanti di un mega concerto rimangano confinati in un’area circoscritta?

Dunque, come se già non bastassero l’autodromo e il campo da golf a restringere gli spazi naturalistici del complesso del Parco, un’ulteriore vasta area verde avrebbe un’altra destinazione d’uso. Un’area importante, quella della Gerascia, un prato “storico” paesaggistico di alto valore ambientale di conservazione della biodiversità erbacea locale. Un prato a vegetazione spontanea, ricco di essenze, insetti, farfalle e uccelli, che in altre parti del Parco non sono presenti. Un prato molto vulnerabile, in caso di fruizione intensiva e ripetuta da parte di decine di migliaia di persone che, come già accaduto in circostanze precedenti, oltre al persistente calpestio intensivo del suolo lascerebbero un’enorme quantità di rifiuti, di cui una parte consistente di piccole dimensioni di difficile raccolta: come mozziconi di sigarette, tappi di bottiglia, linguette di lattine che, interrandosi, andrebbero a far parte del suolo stesso, col rischio di perdita definitiva e irreversibile del manto erboso e delle specie erbacee che ospita. A ciò andrebbero ad aggiungersi i danni derivanti dal passaggio di mezzi pesanti per la realizzazione della struttura e l’allestimento degli eventi.

Facebook
Twitter
LinkedIn