DELFINARIO DI RIMINI. L’ENPA ALLA COMMISSIONE UE: E’ NORMALE CHE L’ITALIA VIOLI IMPUNEMENTE LA DIRETTIVA 22/1999/CE?

E' normale che l'Italia violi smaccatamente e impunemente la direttiva europea 22/1999/CE, attuata nel nostro Paese attraverso il decreto legislativo 73/2005, e che poco o nulla faccia per ripristinare una situazione di legalità? E' quanto chiede l'Ente Nazionale Protezione Animali alla Commissione Europea a seguito della diffida, risalente alla scorsa settimana, con cui il Ministero dell'Ambiente ha intimato al gestore dello Zoo Safari di Fasano di recuperare le otarie cedute in affitto alla struttura riminese per sostituire i delfini sequestrati per maltrattamento. 
 
Il decreto legislativo 73/2005 stabilisce infatti che, per poter operare nel rispetto delle normative, strutture quali il delfinario di Rimini debbano avere la licenza di giardino zoologico. «E il delfinario di Rimini non solo non possiede tale requisito ma si è anche visto siglare un decreto di chiusura per le note vicende di questi ultimi mesi. Divieto che evidentemente non è stato rispettato – dichiara il direttore scientifico dell'Enpa Ilaria Ferri -. A questo punto vorremmo sapere cosa ne pensa l'Europa di questa situazione inqualificabile e inaccettabile che rasenta i limiti dell'assurdo.»
 
Di fronte alla Commissione Europea, l'Enpa chiama in causa la “catena di responsabilità” che ha permesso ad una struttura illegittima di tornare ad essere operativa. Quella del Comune che, contro ogni logica e con un modo di agire pirandelliano, ha concesso al delfinario la licenza di spettacolo viaggiante. Quella delle Asl veterinarie che hanno dato il nulla osta alla movimentazione ed al trasferimento delle otarie (come ha ribadito il Ministero dell'Ambiente tali animali non possono essere ceduti a strutture per essere impiegate negli spettacoli) presso una struttura non a norma nella quale altri animali sono già stati vittima di maltrattamenti. Quella dei gestori del delfinario che, incuranti di diffide, decreti e normative, continuano a comportarsi come se nulla fosse, lamentando un presunto ed assolutamente ingiustificato accanimento ai loro danni, smentito perfino dalla Corte di Cassazione. 
 
«Visto che non sembriamo in grado di far rispettare le norme, auspico che l'Europa intervenga con quell'autorevolezza e con quella determinazione necessarie a ripristinare la la legalità. Nell'interesse degli animali e dell'immagine che il nostro Paese comunica verso l'esterno – prosegue Ferri -. Con il rischio concreto che, in caso di un'ennesima condanna, i contribuenti italiani dovranno fari carico di tali inadempienze.»
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