Convention di cacciatori in un albergo del Bresciano, Carla Rocchi scrive al direttore della catena alberghiera

Pubblichiamo di seguito la lettera che la presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi, ha inviato al responsabile della catena Blu Hotel, in merito alla convention di cacciatori in programma a giugno presso uno degli alberghi bresciani della catena

Gentile Presidente,
In rappresentanza dell’Ente Nazionale Protezione Animali, la più antica associazione a tutela degli animali di cui sono la Presidente, a nome dei nostri soci e delle migliaia di persone che ci sostengono, mi auguro che non voglia ospitare dal 10 al 12 Giugno la convention di Safari Club International a Palazzo Arzaga, Brescia.

I safari venatori rappresentano un business inaccettabile: persone benestanti che pagano decine di migliaia di euro per uccidere – e solamente per mero divertimento – animali come bufali, elefanti, leoni, leopardi e rinoceronti che in Africa non godono certo di uno stato di conservazione favorevole. La motivazione non riguarda certo “bisogni alimentari”: si uccidono gli animali per ricavarne trofei e per pubblicare le loro foto sui social, in una sorta di orribile competizione tra i cacciatori stessi. Gli stati africani, alcuni dei quali molto poveri e dove – non neghiamolo – esiste una corruzione che riguarda anche alte sfere politiche, accettano loro malgrado pur di non perdere questo introito. Si tratta, in fondo, di una sorta di ricatto sulla pelle degli animali.

La motivazione che queste società adducono è quella della necessità di sparare a queste specie per limitarne il numero. La gestione faunistica, anche in Africa, dovrebbe coinvolgere semmai istituti scientifici e non alimentare scelte pericolose, che sfociano anche in atti di bracconaggio. Come non ricordare la storia del leone Cecil, simbolo del Zimbawe, abbattuto “per errore” da un cacciatore – il quale si macchiò già di reati di corruzione a quanto riportano le fonti di stampa -, e che pubblicò sui social la sua foto accanto all’animale morto scatenando l’ira del popolo del web?  O ancora, la storia del veterinario italiano che pubblicò sui social la sua foto con il leone abbattuto, suscitando un vero e proprio caso nazionale?

Il popolo del web già si è mobilitato da tempo con una petizione che ha raggiunto le 35.000 firme, pubblicata anche sulla nostra pagina facebook che conta quasi 800.000 sostenitori: strumento che mettiamo a sua disposizione nel caso decidesse, coraggiosamente, di rinunciare ad ospitare una convention macchiata del sangue di centinaia di animali, e che ha il solo scopo di soddisfare l’ego malato di pochi ricchi esponenti dell’estremismo venatorio, legati ad una visione arcaica della natura che milioni di persone hanno, già da decenni, superato.

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