Cinghiali. Enpa: bene l’Anci con lo stop agli allevamenti. Ma non e’ sufficiente, serve stop alle politiche venatorie

L'Ente Nazionale Protezione Animali condivide la richiesta dall'Anci di inserire, nel Collegato Ambientale attualmente all'esame del Parlamento, il divieto di ripopolamento e allevamento di cinghiali a fini venatori. Infatti, come Enpa denuncia da sempre, all'origine della presunta emergenza ci sono proprio tali pratiche; ed è anche per questo che le politiche di sterminio ultraventennali finora seguite non hanno mai prodotto alcun risultato.

«Come l'Anci, anche noi non riusciamo a capire come mai una misura di buonsenso, all'apparenza così semplice da applicare, qual è appunto il divieto di ripopolamento e di allevamento, rimanga ancora sulla carta. Forse – spiega Andrea Brutti, dell'Ufficio Fauna Selvatica di Enpa – perché il continuo allarmismo sui cinghiali nasconde troppi interessi economici e politici, a cominciare dal mondo venatorio».

Insomma, sempre ammesso che vi sia un problema di sovrannumero, in realtà non lo si vuole risolvere, perché altrimenti non si avrebbe alcun pretesto per chiamare in causa i cacciatori o i “selecontrollori. Invece, secondo Enpa, per prevenire quegli squilibri nelle popolazioni di cinghiali, che oggi sono soltanto presunti, occorrono interventi ad ampio spettro che prevedano censimenti scientifici; controlli sugli allevamenti, sulle reintroduzioni abusive, sul commercio illegale (anche con un monitoraggio dei canali web); attività di sensibilizzazione e di informazione dei cittadini; una nuova politica di gestione dei rifiuti e degli allevamenti di suini allo stato brado (per evitare l'ibridazione con i cinghiali). Ma – soprattutto – è fondamentale abbandonare una volta per tutte la vecchia strada della gestione venatoria, che una risoluzione dello stesso Governo ha riconosciuto essere fallimentare e contraria alla legge 157/92.

«Su questa materia – prosegue Brutti – abbiamo inviato un documento tecnico alle Regioni e al Governo, che spiega cosa fare per gestire in modo efficace la presenza dei cinghiali sul territorio. Ad oggi purtroppo non abbiamo ricevuto alcun tipo di feedback. Evidentemente il vero obiettivo non è quello di risolvere la situazione. Come spiegare altrimenti che, spesso, il semplice sospetto di una presunta (e non dimostrata) aggressione compiuta da un cinghiale è sufficiente a scatenare allarmi e campagne di sterminio? Come spiegare che istituzioni, politici e rappresentanti non dimostrino altrettanta solerzia nel porre la questione delle vittime di caccia, queste sì acclarate e numerose? I cittadini italiani tuttavia sono sempre più consapevoli e meno disposti a tollerare gli spari dei cacciatori. Il cui numero, peraltro, è in cotante diminuzione. Chi detiene cariche pubbliche dovrebbe tenerlo presente».

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