«Il presunto problema della presenza dei cinghiali nelle zone adiacenti i parchi di Vejo e dell'Insugherata deve essere affrontato con la reale applicazione di metodi ecologici, efficaci e incruenti, e non con inutili abbattimenti che probabilmente fanno gola a qualche cacciatore». Questo il commento della Protezione Animali in merito ad una situazione legata alla presenza degli ungulati nei quartieri di Roma Nord, nelle zone adiacenti alle aree protette.
«I cinghiali vivono in territori sempre più frammentati dall'espansione della città e dalle colate di cemento e di asfalto, che tolgono spazi e risorse alla fauna selvatica. Affrontare la questione con i fucili è inutile oltreché crudele. Infatti – prosegue l'Enpa – sono più di vent'anni che si ricorre alle doppiette per gestire situazioni di questo tipo ma gli spari non hanno mai prodotto alcun risultato se non quello di favorire i cacciatori, i quali, è bene ricordarlo, stando alla legge 157/92 sulla protezione della fauna non hanno alcun titolo per essere coinvolti nella gestione faunistica».
Secondo la Protezione Animali, l'unica strada da percorrere è quella di seguire un approccio scientifico con il ricorso ai metodi ecologici – definiti dalla normativa nazionale come prioritari rispetto a qualsiasi forma di abbattimento -; i soli in grado di risolvere queste "invasioni di campo". Si dovrebbe, ad esempio, provvedere alla riparazione delle recinzioni già esistenti, oppure alla sostituzione con altre più adeguate; già così si risolverebbe il problema. Ma è fondamentale che vengano stanziati i fondi necessaria realizzare tali interventi.
Ad ogni modo gli amministratori locali devono tenere presente che le Regioni, per dare il via agli abbattimenti, non possono "snellire" alcuna procedura poiché questo rappresenterebbe un eccesso di potere. Sul punto, la legge nazionale è molto chiara e non lascia spazio ad eventuali dubbi interpretativi.
«A prescindere da procedure, leggi, regolamenti e normative – conclude l'Enpa – una cosa è certa: uccidere gli animali non serve a nulla poiché poco tempo dopo ne ricompariranno altri. Così si affronta un sintomo, non la vera causa del fenomeno».