CANI E GATTI RANDAGI ABBATTUTI NEI CANILI AMERICANI, APPELLO ENPA ALL’AMBASCIATORE STATUNITENSE: SI’ A POLITICA “NO KILL”

«Signor Ambasciatore, le scrivo in merito alla politica di gestione del randagismo attualmente presente negli Stati Uniti d'America. In particolare vorrei porre alla sua attenzione l'anacronistica pratica di abbattere cani e gatti randagi dopo una breve, spesso brevissima, permanenza nelle strutture di accoglienza.» Inizia così la lettera-appello che la presidente dell'Ente Nazionale Protezione Animali, Carla Rocchi, ha scritto all'ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, John R. Philips, per esprimere la forte contrarietà dell'opinione pubblica italiana per un modo così cruento di gestire il fenomeno randagismo ma anche per le recenti notizie di stampa secondo cui in una struttura newyorkese si sarebbero verificati abusi nei confronti degli animali.
 
«Mi rivolgo a Lei, Signor Ambasciatore, affinché si faccia portavoce di tale problema presso un'amministrazione sensibile e progressista, qual è quella presieduta dal presidente Obama – prosegue Rocchi -. La strada da seguire è indicata anche da alcune realtà locali presenti all'interno della Sua Nazione. Già da tempo Hastings e Rosemount in Minnesota, Prescott nel Wisconsin e molte altre città statunitensi hanno vietato l'uccisione dei randagi sui rispettivi territori.i in una struttura newyorkese si sarebbero verificati abusi nei confronti degli animali. 
 
Da questo punto di vista, la presidente dell'Enpa ha accennato alla positiva esperienza vissuta dal nostro Paese con la legge 281/1991 che, laddove applicata alla lettera, vietando l'abbattimento dei randagi e imponendo l'obbligo di sterilizzazione di cani e gatti ha permesso di risolvere il problema una volta per tutte, in modo assolutamente incruento.i in una struttura newyorkese si sarebbero verificati abusi nei confronti degli animali. 
 
D'altro canto, ha evidenziato Rocchi, la pratica delle uccisioni favorirebbe l'abbattimento indiscriminato degli animali a scapito delle adozioni. Proprio come sembra confermare la vicenda della struttura denominata New York AC&C Shelter – vicenda che ha avuto di recente visibilità sulla nostra stampa – dove il numero delle epurazioni dei randagi sarebbe molto elevato, determinando inevitabilmente un profitto per i privati che operano in questa “industria della morte”.i in una struttura newyorkese si sarebbero verificati abusi nei confronti degli animali. 
 
«Dire no alla strage dei randagi è oggi un atto dovuto e non più procrastinabile da parte di un Paese che ha l'ambizione ad essere un punto di riferimento per tutto il mondo. E non è ammissibile che interessi economici o di altro tipo decidano sulla vita e sulla morte di innocenti esseri senzienti! – aggiunge Rocchi -. Concludo, signor ambasciatore, animata non dalla speranza, ma dalla certezza, di trovare in Lei un interlocutore sensibile ed attento.» 
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