Cagnetta trucidata con i suoi otto cuccioli in grembo: inasprire le pene per i reati contro gli animali

Nei giorni passati, sull'onda emotiva dei numerosi gatti seviziati, uccisi e scuoiati da un ragazzo residente nel Perugino, eravamo tornati a chiedere pene più severe per i reati contro gli animali sperando comunque che un fatto cosi efferato fosse da ascrivere al gesto episodico di una persona con evidenti disturbi della personalità (come altro spiegare tanta ferocia?). Purtroppo così non è, non è trattato cioè di un fatto isolato, perché, pochi giorni dopo – ironia della sorte, proprio nella festa di San Valentino – la storia si è ripetuta qualche centinaio di chilometri a Nord dell'Umbria, nel Bergamasco.

Questa volta a sperimentare la crudeltà umana è stata una cagnetta golden retriever di sette anni, in dolce attesa, che si era avvicinata alla recinzione della sua casa forse per prendersi qualche carezza da una persona di passaggio. Ma invece delle carezze, Gaia – così si chiamava la quattro zampe– si è vista infliggere diverse coltellate, una delle quali le ha perforato il polmone causandone la la morte. Con lei sono morti anche gli otto cuccioli che aveva in grembo, e che non hanno mai potuto vedere la luce. Del sadico criminale si sono perse le tracce, ma taluni sospettano che possa avere già colpito e che possa minacciare la sicurezza di altri cani.

Un motivo in più non soltanto per contrastare ogni possibile progetto di “depenalizzazione” dei reati contro gli animali, ma per tornare a chiedere al legislatore un congruo inasprimento delle pene. Nell'interesse degli animali, ma anche del delle persone, visto che chi compie atti di violenza contro i quattro zampe tende poi a replicare tali comportamenti sugli uomini.  

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