Caccia. Il Molise prolunga gli spari a beccaccia e cinghiale. Enpa: provvedimenti antidemocratici per impedire l’opposizione alle stragi

Invece di lavorare all’approvazione di un piano faunistico aggiornato – quello del Molise risale al 1998 – la giunta regionale, accettando le richieste del mondo venatorio, decide di approvare una delibera dell’ultimo minuto per prolungare la possibilità di sparare alla beccaccia e al cinghiale, e per prorogare al 31 gennaio l’utilizzo dei cani.

«Questo meccanismo di delibere approvate in tutta fretta, che diventano attuative da subito, rappresenta uno stratagemma per impedire il ricorso al TAR da parte delle associazioni animaliste ed ambientaliste – denuncia l'Enpa -. Il gioco è semplice: si approva un calendario venatorio che sembrerebbe rispettoso dei termini di legge, in maniera da tener buone le associazioni, poi lo si stravolge pezzo per pezzo concedendo più possibilità di spari. L'iter si svolge quasi in sordina con provvedimenti immediatamente applicabili; in questo modo non ci sono i tempi tecnici per rivolgersi ai TAR e chiedere sospensive».

Un comportamento inaccettabile, questo, motivato dalle lamentele dei cacciatori che non hanno potuto uccidere il numero di esemplari desiderati: sarà forse perché la beccaccia è considerata dal mondo scientifico come SPEC 3 – ovvero specie a rischio – e dunque nel nostro Paese ne restano ben pochi esemplari?

Nel mirino delle “doppiette” molisane sono finiti anche i cinghiali, ma in questo caso alle pressioni del mondo venatorio si sono unite le richieste dei Comuni “filocaccia” e di qualche agricoltore. «Sarebbe ora che la Regione applicasse e diffondesse i metodi ecologici obbligatori e prioritari a qualsiasi forma di abbattimento, anziché avvallare una politica di spari che in venti anni non ha risolto un bel nulla, facendo la felicità dei cacciatori – prosegue la Protezione Animali -; una politica che, oltretutto, non si basa mai su censimenti reali e sulla verifica effettiva dei danni, che devono comunque essere risarciti laddove accertati».

L'atteggiamento della Regione è inaccettabile, perché fortemente antidemocratico. A pagarne le conseguenze, sono ovviamente gli animali e i cittadini a cui non verrà data la possibilità di opporsi in tempo utile, evitando altri massacri.

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