Caccia. Il 31 gennaio chiude ufficialmente la stagione venatoria. Enpa: “Troppe regioni hanno violato i Dpcm. Maglia nera a Toscana, Marche, Liguria e Lombardia”.

Il 31 gennaio chiude, almeno ufficialmente, la stagione venatoria che quest’anno non si è fermata neanche per la pandemia. Enpa: “Troppe regioni hanno violato costantemente le disposizioni contenute nei Dpcm, esercitando pressioni sui prefetti e facendo passare un’attività puramente ludico ricreativa, e che nulla ha a che vedere con la gestione faunistica, come una “necessità” per contenere il numero dei cinghiali. Tra le peggiori: Toscana, Marche, Liguria e Lombardia”.
Far passare la caccia come strumento di necessità per limitare la popolazione dei cinghiali è un espediente che non regge né dal punto di vista legale e né da quello scientifico. Basti ricordare che lo stesso ISPRA – istituto italiano scientifico di riferimento nella materia – ha dichiarato come la caccia non selettiva in forma collettiva come la braccata e la girata, dovrebbero essere abolite proprio perché causano fenomeni come la dispersione del branco e l’uccisione della matriarca, l’unica in grado di tenere sotto controllo l’estro delle altre femmine presenti nel gruppo. In parole semplici: se si uccide la matriarca, le femmine più giovani creeranno tanti altri branchi riproduttivi e il numero degli esemplari aumenterà a dismisura.
Non solo. Anche dal punto di vista sociale e sanitario si è trattato di scelte davvero incomprensibili. Basti pensare che grazie a questi provvedimenti i cacciatori, in teoria cittadini al pari di tutti gli altri, hanno goduto di privilegi incredibili potendo muoversi in libertà, creando assembramenti senza alcun controllo, in particolare in occasione delle braccate, anche nelle regioni classificate arancioni. Le stesse zone dove, invece, a gran parte dei cittadini sono state negate libertà essenziali e richiesti sacrifici enormi sul piano personale e lavorativo.

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