Animali. Presunti danni da fauna selvatica, Enpa alla Regione Marche: le fallimentari politiche filovenatorie sono il problema, non la soluzione

«La strategia corretta per contenere i presunti danni causati dai cinghiali non è certo quella di autorizzare inutili mattanze di animali, praticate da oltre 20 anni nel nostro Paese senza aver ottenuto alcun risultato, ma è quella di applicare metodi ecologici, vietare allevamento e ripopolamento anche nelle aziende faunistiche, prevedere controlli capillari sul territorio». Lo dichiara l'Enpa che, nel condannare l'ennesima caccia alle streghe contro i selvatici, ricorda come le proposte "cruelty free" formulate alla Regione lo scorso anno, proprio in materia di contenimento di cinghiali, siano rimaste senza risposta da parte delle istituzioni. «Le quali – osserva Andrea Brutti dell'Ufficio Fauna Selvatica di Enpa – sembrano più interessate a sostenere le richieste dei cacciatori che non ad affrontare la questione in modo serio, equilibrato e realmente efficace». Il mondo venatorio dunque deve essere escluso dalla gestione della fauna, anche perché parte di tale mondo non ha alcun interesse alcuno a tenere sotto controllo le popolazioni delle specie oggetto di caccia: più sono numerose più aumentano le possibilità di sparo.

La strada da percorre è un'altra, non certo quella delle fucilate. Bisogna cioè indennizzare gli agricoltori che abbiano subito danni accertabili e accertati, ma bisogna anche sostenerli e aiutarli ricorrendo a metodi di gestione ecologici, gli unici in grado di prevenire possibili danni da fauna.

«La situazione che stiamo vivendo, specie con i cinghiali, è davvero paradossale. Da un lato – prosegue Brutti si levano allarmi contro presunti danni all'agricoltura , dall'altro si continua a permettere che gli ungulati possano essere reimmessi aziende faunistico venatorie, dalle quali spesso fuggono, visto che molte di loro non hanno neanche recinzioni adatte a contenere gli animali. Inoltre, cinghiali e ungulati continuano ad essere allevati, sia regolarmente che abusivamente, e commercializzati anche con l'ausilio di siti internet. Ma su questa situazione ancora non si vuole intervenire, forse perché per alcuni può risultare vantaggiosa».

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