Abruzzo, la Provincia di Teramo dice sì a piani di sterminio quinquennali di cinghiali. Enpa: decisione antidemocratica e contraria alla norma nazionale

Secondo quanto reso noto da fonti di stampa, la Provincia di Teramo, in una riunione a porte chiuse sulla programmazione dell'attività venatoria, vorrebbe procedere non solo con lo sterminio (per ben cinque anni di seguito) di cinghiali ma anche con la realizzazione di aree di allevamento e ripopolamento della selvaggina, così dannose per gli ecosistemi.

«Non si comprende perché queste riunioni avvengano a porte chiuse, specie quando vengono prese dalla Provincia decisioni così criticabili. Infatti, prendere in giro gli agricoltori, promuovendo una politica di gestione faunistica basata sull'uccisione dei cinghiali quale unica soluzione ai presunti danni, è inaccettabile, come dimostra il fatto che gli stermini, in oltre 20 anni, non hanno mai portato a nessun risultato», dichiara l'Enpa. «Si devono invece applicare quei metodi ecologici previsti dalla legge 157/92, proposti e valutati caso per caso dall'ISPRA e prioritari rispetto a qualsiasi abbattimento. Inoltre, ci chiediamo quali censimenti (e chi li abbia realizzati) siano stati effettuati per sostanziare la decisione della Provincia».

La Protezione Animali si è sempre dichiarata favorevole al rimborso dei danni causati dalla fauna selvatica, ma solo nel caso in cui questi fossero opportunamente accertati e l'agricoltore potesse comunque dimostrare di avere posto in essere, con l'aiuto della Provincia, gli opportuni sistemi di dissuasione. Occorre al riguardo precisare che tra i principali responsabili di tali figurano proprio ripopolamenti a fini venatori che andrebbero fermati al più presto.

«Da moltissimi anni, infatti, i "lanci" di lepri, fagiani avvengono con pubblico danaro – prosegue l'Enpa * ed altro pubblico danaro viene poi erogato per risarcire i danni all'agricoltura: un controsenso inaccettabile, considerando che i dati delle regioni stesse confermano la responsabilità dei ripopolamenti venatori per le perdite subite dagli agricoltori. Auspichiamo che, in linea con i principi democratici, possano essere prese in esame queste importanti considerazioni, condivise ormai dalla maggior parte degli italiani, stanchi di una politica filovenatoria che, lo ricordiamo, è la prima causa degli squilibri ambientali e dei danni all'agricoltura». 

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