Abbattimento di Cinghiali nel parco naturale di Porto Conte (Sassari), l’Enpa: uccidere non serve, sì ai metodi ecologici e allo studio di nuove soluzioni

«E' nostra intenzione, nell'ottica propositiva e collaborativa che da sempre contraddistingue il modus operandi della Protezione Animali, rimettere in discussione la pratica degli abbattimenti di animali ricorrendo a metodi di controllo innovativi e al contempo non cruenti». Lo dichiara il coordinatore regionale Enpa per la Sardegna in merito alle uccisioni di cinghiali attualmente in corso nel parco naturale di Porto Conte (Sassari). «In materia di contenimento delle popolazioni animali è fondamentale partire dai censimenti, non basarsi cioè su semplici stime, per poi attuare strategie moderne ed eticamente accettabili, che, come prevedono le leggi, devono essere obbligatoriamente applicate prima di autorizzare gli abbattimenti. E' dunque necessario pensare ad altri possibili strumenti di contenimento delle popolazioni – prosegue Fascì – quali la sterilizzazione dei cinghiali catturati; uno strumento che, prevenendo il fenomeno della dispersione del branco, è in grado di produrre un significativo calo numerico degli esemplari. Si tratta di una soluzione graduale ma indubbiamente efficace».

Così come – sottolinea il coordinamento regionale Enpa per la Sardegna – prima di accusare i cinghiali di mettere in pericolo la sicurezza stradale, risulta prioritario sapere se le strade provinciali, specie quelle considerate a rischio, sono state messe in sicurezza. «La principale causa di incidenti non è rappresentata dai cinghiali ma dalla guida spericolata di numerosissimi automobilisti. Per questo – prosegue Fascì – è necessario, soprattutto, limitare l’elevata velocità delle automobili, specie nelle aree più “sensibili”: ad esempio, quanti dossi, quanti segnali, quanti autovelox sono stati impiegati su queste vie di comunicazione?»

«Quando si parla di abbattimenti “pseudoselettivi”, i conti non tornano mai – commenta Andrea Brutti dell’Ufficio Fauna Selvatica di Enpa -. Infatti, le uccisioni vengono autorizzate dodici mesi l'anno in tutto il Paese, eppure ci troviamo a gestire quella che viene sempre presentata come una emergenza. Ciò dimostra che in realtà gli abbattimenti non servono ad altro, se non a far felici i “selecontrollori”, ossia i cacciatori».

A pagare il prezzo di queste politiche scellerate sono, oltre agli animali, gli stessi agricoltori, i quali, laddove si accerti il danno, devono essere sostenuti e aiutati, anche con il ricorso ai sistemi di dissuasione (come i recinti elettrici). «Chiamare in causa i cacciatori e coinvolgerli nella gestione faunistica è una strategia autolesionista perché sono proprio le “doppiette” a causare gravi squilibri ambientali attraverso la pratica dei ripopolamenti venatori, nuovi o attuali. Ma gli abbattimenti “selettivi” rappresentano anche una forma di mistificazione perché illudono gli agricoltori che le uccisioni siano la strada da percorrere, mentre l'esperienza e la storia dimostrano esattamente il il contrario».

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