La Sezione Enpa di Viterbo ha acceso i riflettori sui tanti cartelli di divieto per cani che spesso si rivelano illegali e ha dato delle indicazioni su come comportarsi in questi casi.
“Tante, troppe volte all’ingresso dei parchi pubblici e negli spazi privati aperti al pubblico – afferma l’Enpa di Viterbo – ci è capitato di trovare il cartello “VIETATO L’INGRESSO AL CANE”, certo ora lo scrivono magari in maniera più dolce con frasi come “IO QUI NON POSSO ENTRARE” ma la sostanza rimane la stessa, il cane non entra e stop. Iniziamo a dire che quello che molti non sanno è che la maggior parte di quei cartelli sono messi lì illegalmente sia dai privati sia dalle pubbliche amministrazioni, che non possono vietare l’ingresso ai cani negli spazi pubblici e nei parchi se non in maniera limitata nel tempo e comunque sempre con l’appoggio di ordinanze motivate che devono essere indicate per numero e data di emissione e scadenza dietro ogni cartello, se tali informazioni non ci sono o sono omesse il divieto è inefficace e quindi in quello spazio o in quel parco o nello spazio privato adibito a luogo pubblico noi con il nostro cane possiamo andarci senza paura, basta che si rispettino le regole di cui parliamo più avanti”.
Esistono diverse sentenze del TAR e dei giudici di pace che hanno condannato i sindaci che hanno vietato illegalmente l’ingresso dei padroni con i cani al seguito nei parchi e nelle aree verdi con segnaletica farlocca. Per quanto riguarda le ordinanze dei sindaci, queste devono essere chiaramente limitate nel tempo e legate ad emergenze specifiche.Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, per esempio, nel 2016, ha annullato l’ordinanza di un comune che aveva stabilito il divieto assoluto e indiscriminato di accesso dei cani in tutte le aree verdi. L’ordinanza è stata dichiarata nulla sulla base del fatto che, il provvedimento del divieto assoluto è sproporzionato rispetto agli altri interessi tutelati ed eccessivamente limitativo della libertà di circolazione delle persone. La medesima posizione è stata assunta un anno dopo dal TAR Toscana, che ha osservato che la sola presenza di “escrementi canini in ambito urbano comunale” non può corrispondere all’esistenza effettiva di un’emergenza sanitaria o di igiene pubblica. E altri esempi simili si possono trovare nella giurisprudenza amministrativa di Lombardia, Veneto, Abruzzo, Campania, Basilicata, Calabria, Sardegna. Più di recente, il TAR Puglia ha ribadito che lo scopo di mantenere il decoro urbano e l’igiene pubblica può essere ottenuto attivando i mezzi di prevenzione, vigilanza controllo e i poteri sanzionatori di cui dispone la Pubblica Amministrazione. Da manuale anche la sentenza del Giudice di Pace di Lodi (procedimento civile n. 1083 R.G. 2016) ha ritenuto illegittima una sanzione elevata per aver introdotto un cane nel parco pubblico della città, in violazione del regolamento comunale. Richiamando proprio le sentenze dei TAR, il giudice ha confermato che igiene, sanità e incolumità pubblica possono essere fatte rispettare mediante i divieti e le sanzioni già previsti dalla legislazione vigente, quali l’obbligo del guinzaglio e di raccolta delle deiezioni, senza ulteriore necessità di limitare a priori la libertà di movimento dei proprietari e dei detentori degli animali d’affezione.
Cosa fare quando troviamo questi cartelli?
Occorre scrivere subito ai sindaci, indicando le normative e le sentenze qui riportate, intimando ai primi cittadini di togliere i cartelli esposti in maniera illegale. E nel frattempo entrare tranquillamente con il proprio cane nelle aree verdi sempre munito di guinzaglio corto e museruola al seguito. E se il vigile vi fa la multa, voi contestatela subito, ricordandogli che è passibile di denuncia penale per il reato di abuso d’ufficio.