Orsi. La tragedia di Andrea Papi non ha insegnato nulla: la prevenzione in Trentino è ancora lettera morta

A un anno di distanza dal tragico incidente che ha causato la morte di Andrea Papi, per la quale Enpa rinnova il proprio cordoglio, in Trentino non è cambiato proprio nulla. Non si sono visti i cassonetti anti-orso, non si ha notizia delle campagne di sensibilizzazione e di informazione per residenti e turisti, non c’è traccia dello stop ai foraggiamenti degli animali selvatici, né sono state prese misure per delimitare e chiudere al pubblico le zone frequentate dagli orsi, soprattutto dalle madri con i loro cuccioli. Dodici mesi dopo, il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, continua nel suo pervicace e ostinato disinteresse per l’applicazione delle misure di prevenzione, le sole in grado – come dimostrato dal mondo scientifico – di evitare e portare a soluzioni eventuali problematiche di convivenza con i plantigradi, i lupi e, più in generale, tutti gli animali selvatici. Una politica, quella perseguita da Fugatti, che, come Enpa ha più volte denunciato, non è frutto del caso ma appare finalizzata a boicottare ogni tentativo di convivenza con gli orsi, a lasciar creare condizioni di panico per firmare le ordinanze di morte.

Andrea Papi non è l’unica vittima di questa inaccettabile gestione politica. Senza considerare la brutale esecuzione di M90, gli ultimi 12 mesi – ricorda la Protezione Animali – sono stati scanditi dalla morte di ben otto orsi, uccisi dai bracconieri. A confermare la circostanza, malgrado le ingiustificate reticenze della PAT, è anche il fatto che tre di questi, M62, F36 e MJ5, fossero quelli già condannati a morte da Fugatti. E che, evidentemente, qualche criminale si è premurato di uccidere, incaricandosi così del “lavoro sporco”.

Parte integrante del disegno ursicida di Fugatti è il via libera alla normativa “ammazza-orsi”, la legge provinciale n.2 del 7 marzo 2024, che consente di massacrare indiscriminatamente otto animali l’anno, quattro dei quali cuccioli, e che costituisce una clamorosa quanto inaccettabile violazione delle normative europee e internazionali. «Se il governo non dovesse impugnarla, come è doveroso, il nostro Paese finirebbe nuovamente sotto la scure di Bruxelles con l’ennesima procedura di infrazione a carico di tutti i cittadini italiani».

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