Si è chiusa poche ora fa l’udienza al Tar di Firenze che ha visto in aula ENPA, LNDC Animal Protection, VITADACANI e la Rete dei Santuari contro la Regione Toscana, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, l’Ispra e L’Ente Parco Nazionale Arcipelago Toscano, durante la quale le associazioni hanno chiesto la conferma della sospensione dell’abbattimento degli ultimi mufloni rimasti sull’Isola del Giglio, già ottenuta dal provvedimento presidenziale.
«Abbiamo dimostrato l’inconsistenza dei motivi che hanno dato il via alla caccia ordinaria, di selezione e all’eradicazione dall’Isola di questa specie protetta e dal patrimonio genetico unico per la biodiversità della specie», hanno argomentato gli avvocati Michele Pezone ed Herbert Simone, rappresentanti delle associazioni davanti al Tar di Firenze e che si pronuncerà domani. «Confidiamo di potere salvare gli ultimi esemplari rimasti, meno di una decina rispetto al centinaio presenti prima della mattanza al Giglio. Dalla documentazione prodotta dallo stesso Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, infatti, abbiamo appreso ed esposto quanto i danni all’agricoltura e all’ambiente ad opera dei mufloni siano stati praticamente inesistenti. Neppure nel progetto di eradicazione redatto dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano si legge alcuna indicazione specifica del danno ambientale che sarebbe stato provocato da questi animali. Le uccisioni sono state motivate dall’avere considerato questa specie “invasiva”, unicamente perché importata dalla Sardegna al Giglio e quindi non autoctona dell’Isola».
Sarebbero proprio i danni ambientali e il non riconoscimento del valore genetico di questo animale, considerato non più tutelato solo perché spostato fisicamente dalla Sardegna al Giglio, ad avere giustificato le operazioni di uccisione secondo la controparte, che si è basata sull’ambiguità di alcuni punti del progetto europeo LIFE ‘LetsGo Giglio: less alien species in the Tuscan Archipelago: new actions to protect Giglio Island habitats’, partner della Regione Toscana, minando in questo modo non solo gli obiettivi del programma stesso, ma anche quelli della strategia per la biodiversità 2030 dell’UE e sottoscritto dall’Italia.