Ogni volta che emetteva un suono un collare elettronico rilasciava una dolorosa scossa. Le Guardie Zoofile dell’Enpa di Piacenza sono intervenute in Val D’Arda e hanno denunciato il proprietario per maltrattamento.
Tutto è iniziato con la segnalazione da parte di un cittadino che aveva visto il cane, un setter bianco e nero, tenuto chiuso in un recinto, e che da alcuni giorni non abbaiava più, in compenso, indossava un vistoso collare. Le Guardie dell’Enpa di Piacenza sono andate a verificare la situazione e hanno trovato il cane costretto ad indossare un collare anti abbaio, ovvero un congegno elettromeccanico con elettrodi che “percepiscono” le vibrazione delle corde vocali ed emettono una scossa non appena il cane abbaia.
“Mentre nel collare elettrico classico la scossa elettrica viene erogata tramite telecomando – spiega il Capo Nucleo delle Guardie Zoofile dell’Enpa di Piacenza, Michela Bravaccini – nel collare anti abbaio la scossa parte in automatico, a seconda del programma impostato. Non è quindi necessaria la presenza fisica del proprietario, il cane viene sottoposto a una continua punizione che lo colpisce quando si esprime abbaiando. Non importa se sia un abbaio per lanciare un allarme, oppure per segnalare un pericolo, o un uggiolare festoso.”
L’utilizzo di questi strumenti configura il reato di maltrattamento.
Le Guardie hanno eseguito gli accertamenti in presenza del proprietario ed hanno constatato come , il collare fosse perfettamente funzionante e gli elettrodi estremamente sensibili, tanto che nel maneggiarlo una Guardia è stata raggiunta dalla scarica elettrica, risultata dolorosa. Il cane è stato liberato e il collare è stato sequestrato. Per il proprietario è scattata la denuncia per l’infrazione all’art. 544ter legge 189/2004 “Chiunque, per crudeltà o senza necessita’, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.” La vicenda è ora al vaglio della Procura della Repubblica di Piacenza.