La morte di Massimo Sartori. Non è colpa dei cani i quali – anzi – hanno tentato di rianimare l’uomo

Non è stata l’aggressione dei suoi due cani a causare la morte di Massimo Sartori, il 49enne di Pozzonovo (Padova) trovato privo di vita nel giardino di casa sua. Inizialmente la responsabilità del decesso era stata attribuita ai due rottweiler poiché sul corpo di Massimo erano stati trovati segni di morsi agli arti e al capo. In realtà – come accertato dagli esami successivamente fatti – l’uomo è morto per un problema cardiaco e i morsi dei cani non erano affatto letali. Molto probabilmente, quindi, dopo il malore e la conseguente perdita dei sensi, i rottweiler hanno tentato di risvegliare il loro padrone. Questa tesi è stata sostenuta anche dal direttore della Usl veterinaria, Aldo Costa.
Assolti quindi i due cani i quali – anzi – hanno tentato di rianimare disperatamente Massimo Sartori. 
Questa storia, tuttavia, deve far riflettere. In casi come questi si dà immediatamente la colpa ai cani, soprattutto se si tratta di molossoidi. E gli animali rischiano di essere esposti a una forma di giustizia sommaria senza alcun appello che li porta alla soppressione in quanto ritenuti pericolosi. Anche per questo Enpa si oppone sempre ai provvedimenti di soppressione, non solo perché la pena di morte non va applicata a nessun essere vivente, ma anche perché spesso, con il passare dei giorni, emerge una verità che è molto diversa rispetto alle prime sommarie ricostruzioni. 
Nel caso in questione, i due animali (di nome Kira e Colt) erano molto legati sia al padrone sia alla sua compagna. 

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