Un obolo di cento euro a cane, erogato una tantum. E’ questa la strategia di contrasto al randagismo messa in campo dall’amministrazione di San Giovanni Rotondo (Foggia) con il bando per la gestione del canile comunale che, come dichiarato dall’assessore Nunzia Canistro, è stato vinto dalla Mapia di Bari. Già oggetto di numerose contestazioni da parte dei cittadini, il bando era stato criticato anche dalla Sezione Enpa di San Giovanni Rotondo, che, peraltro, non aveva mancato di esprimere le proprie perplessità al Comune. A partire proprio da quell’obolo una tantum di cento euro riconosciuto per ogni cane adottato, fino a un massimo di 24mila euro, corrispondenti a un totale di 242 adozioni. «I problemi iniziano qui, perché – spiega la presidente della Sezione, Gloria Capodilupo – dal testo del capitolato non è chiaro a chi debba essere erogato questo “incentivo”».
In altri termini, non si capisce se a beneficiare delle “agevolazioni” debba essere il gestore della struttura – e questo rappresenterebbe una indubbia anomalia poiché il gestore viene pagato proprio per dare i cani in adozione e non ha certo bisogno di “incentivi” – o non debbano essere, invece, gli adottanti. In ogni caso, a prescindere dagli effettivi fruitori dell’obolo, si tratta di una misura anacronistica e inefficace poiché pensata unicamente come un provvedimento svuotacanile. Un provvedimento che, tra l’altro, potrebbe essere molto pericoloso per gli animali. «La prospettiva di un guadagno – prosegue Capodilupo – potrebbe attirare, infatti, numerosi malintenzionati. Persone il cui unico interesse sarebbe quello di intascare i cento euro, non certo di garantire una vita dignitosa all’animale. Se poi il destinatario dell’obolo fosse il gestore del canile, è facile immaginare come, concluse le 242 adozioni, verrebbe meno ogni incentivo al riguardo».
In ogni caso l'adozione del cane avverrebbe con la sola compilazione di un semplice verbale di affidamento, senza cioè né un modulo di pre-affido né controlli pratiche pre o post-affido. Un modello, quello basato sui controlli, che, quando applicato dall’Enpa nella stessa struttura che sarà gestita dalla Mapia, ha sempre prodotto risultati eccellenti (in poco più di un anno ben 130 cani hanno lasciato il canile). E a complicare il lavoro dei volontari impegnati nella struttura c’è anche la novità realtiva all’obbligo, assolutamente incomprensibile e ingiustificabile, di chiedere l’accesso con una settimana di preavviso.
Tra i punti controversi della gara, c’è anche il servizio di pronto intervento sul territorio, che prevede espressamente il soccorso ai randagi feriti ma che non fa alcun riferimento ai gatti randagi, con un budget del tutto inadeguato alle necessità del territorio (appena 4mila euro l’anno), e l’obbligo per il gestore di trasferire (a proprie spese) gli animali in altri canili nel caso in cui la struttura di San Giovanni Rotondo vedesse occupati tutti gli spazi disponibili. «Il trasferimento avverrebbe senza che siano previsti particolari limitazioni e senza che siano garantite minime condizioni di benessere animale. Insomma – conclude Capodilupo – il vero obiettivo della gara sembra essere quello di tagliare i costi in modo indiscriminato, andando a discapito della effettiva tutela dei randagi e della possibilità di trovare una famiglia amorevole in grado di assicurare loro una vita serena».