Orsi polari a Fasano, Enpa: chiediamo controlli sulla loro salute. Animali nati per le regioni artiche costretti a vivere tra i trulli, a 40 gradi

A fronte di una delle ondate di caldo più intense che abbia colpito il nostro Paese, Enpa chiede alle autorità della sanità veterinaria di valutare lo stato di salute degli animali detenuti in cattività. In particolare, l’Ente Nazionale esprime preoccupazione per gli orsi polari dello Zoosafari di Fasano (Brindisi). Scrive al riguardo la struttura sul proprio sito web: “L’orso polare è presente in tutte le regioni artiche, intorno al Polo Nord […] Vive in genere solitario ed è un perfetto nuotatore, anche in mare aperto”. Il punto è proprio questo: cosa ci fa un animale del Polo Nord, a più di 4.500 chilometri dal proprio habitat naturale, in una città della Puglia poco a nord di Brindisi con un termometro inchiodato oggi a 36 gradi? E cosa ci fa questo orso polare in una vasca di pochi metri che non ha nulla a che vedere con il “mare aperto” dove è un perfetto nuotatore?
 
Al di là dei tentativi di creare consensi intorno ad una presunta cattività “dal volto umano”, finalizzati cioè ad attrarre visitatori e a massimizzare i profitti dei gestori di simili strutture, nessuno può cancellare un dato di fatto incontestabile: che costringere un essere senziente a vivere da recluso, in un ambiente per il quale la natura non lo ha programmato, rappresenta una forma di maltrattamento in sé. «Facciamo per un attimo esercizio di empatia e mettiamoci nei panni del povero orso polare di Fasano. Proviamo ora a immaginare quanto sofferenza, quanto stress psico-fisico possa sopportare un animale dal peso medio di mezza tonnellata, dotato di una folta pelliccia e di un denso strato di grasso che dovrebbero proteggerlo da temperature glaciali, decine di gradi al di sotto dello zero. Gli orsi polari – osserva Enpa – sono nati per vivere tra le isole di ghiaccio del “grande Nord” e non certo in mezzo ai trulli. Costretti a sperimentare sulla propria pelle l’ondata di caldo più intensa vissuta dal nostro Paese nell’ultimo decennio».
 
Marketing e pubblicità possono cercare di edulcorare il più possibile la condizione degli animali costretti a vivere da reclusi, ma non possono cancellare il fatto che la cattività è costrizione. 

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