Orso avvelenato in Val di Non, le associazioni trentine chiedono indagini efficaci e una pena esemplare

«La notizia, diffusa da fonti di stampa, circa l'avvelenamento dell'orso in Val di Non è la conferma di ciò che avevamo sempre intuito. La Provincia, l'assessorato, chi gestisce la popolazione ursina trentina, non hanno ritenuto necessario né dare rilievo pubblico a questa tragica vicenda né esprimere la loro posizione in merito. Se invece qualche fungaiolo improvvisato avesse avuto un incontro ravvicinato con un orso, quelle stesse istituzioni avrebbero dimostrato ben altra solerzia». Così le associazioni Enpa, Flama d'Anaunia, Guardie per l'Ambiente Trentino AltoAdige, Lac Trentino Alto Adige/Südtirol, Lipu, Oipa Trento, PAN-EPPAA, Comitato per l'orso Trentino AltoAdige/Südtirol, commentano l'esito della necroscopia sul plantigrado.

Secondo le associazioni, che esprimono grande preoccupazione, il caso Daniza e quello dell'orso avvelenato in Val di Non sono fatti tutt'altro che casuali o episodici. «Ricordiamo che gli orsi in Italia (e quindi anche in Trentino-Alto Adige/Südtirol) sono protetti fin dal 1939. Protetti si fa per dire giacché la perdita di habitat e il bracconaggio li ha ridotti fin quasi sulla soglia dell'estinzione. Il numero di 50 orsi marsicani in Abruzzo crea allarme per la sua preoccupante esiguità, mentre qui meno di 50 orsi sono considerati "troppi". In natura non esiste il concetto di "troppo". E' nostra convinzione – dichiarano gli animalisti e gli ambientalisti trentini – che tale errata percezione abbia a che fare con talune campagne allarmistiche tanto inopportune quanto scientificamente infondate».

«Auspichiamo che le indagini su questi casi di bracconaggio ai danni di animali che dovrebbero essere tutelati al massimo grado, siano condotte con grande attenzione e scrupolosità – aggiungono le associazioni – e sollecitiamo chi ne ha il potere, affinché moltiplichi le risorse utili a ripristinare lo Stato di Diritto, almeno in campo ambientale. Vorremmo che il o i colpevoli fossero al più presto individuati e condannati alla massima pena prevista dalla legge, anche come monito».

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