TAR LOMBARDIA ACCOGLIE RICORSO ENPA: SOSPESA L’ORDINANZA DI SARNICO (BERGAMO) CHE VIETAVA L’ACCESSO DEI CANI NELLE AREE VERDI

La Prima Sezione del Tar Lombardia – Sezione staccata di Brescia, ha sospeso, su ricorso dell'Enpa, l'ordinanza del sindaco di Sarnico (Bergamo) con la quale veniva vietato l'accesso dei cani e di altri animali in alcune aree verdi urbane. Piena soddisfazione è stata espressa dall'Enpa. “Si tratta di un pronunciamento importantissimo, storico – dichiara la Presidente dell'Enpa Carla Rocchi – non tanto per l'esito quanto per il fatto che i giudici amministrativi hanno indicato, nel dispositivo, cosa dovrebbe fare un sindaco in casi come questi”.
 
I fatti.
La vicenda risale all'estate scorsa. Il 9 luglio il sindaco di Sarnico firma l'ordinanza. Prevede il divieto di accesso, per i cani e altri animali, in aree verdi e in parchi urbani con un pretesto di natura igienico-sanitaria: perché – questa la motivazione – i parchi sono frequentati da bambini e la presenza di animali rappresenterebbe un rischio per la salute dei piccoli. Contro l'ordinanza, la Presidenza Nazionale dell'Enpa ha immediatamente presentato un ricorso, affidato agli avvocati Claudia Ricci e Pierantonio Paissoni, al Tar della Lombardia. Enpa naturalmente ha contestato l'ordinanza nel suo insieme ritenendola estremamente grave non solo per la limitazione dell'accesso ai cani, ma anche perché si correva il rischio di infondere erroneamente la convinzione secondo la quale i cani rappresentano un rischio per la salute dei bambini.
 
La sospensiva.
Il Tar Lombardia (presidente Angelo De Zotti, consigliere Mario Mosconi, estensore Mauro Pedron), accogliendo le tesi dell'Enpa ha sospeso l'ordinanza e ha fissato la discussione sul merito al 17 giugno 2015. Esemplari le motivazioni dei giudici amministrativi. Il sindaco – afferma in sintesi il Tar – può prevedere limitazioni, ma tali limitazioni devono fondarsi su esigenze “esattamente individuate”. La protezione della salute dei bambini, quindi, deve essere innanzitutto individuata correttamente e con esattezza e tuttavia – aggiungono i giudici amministrativi – “per il principio di proporzionalità è necessario che gli spazi vietati non finiscano per coincidere con la totalità o con la parte prevalente delle singole aree”. L'eventuale esclusione deve essere quindi bilanciata da misure che consentano una effettiva tutela del benessere degli animali da affezione, il cui perseguimento costituisce un obbligo per i proprietari e per i detentori. Devono essere, insomma, previste aree di sgambamento.
 
Cosa deve fare un sindaco in casi come questo. Ma il Tar evidenza anche un altro aspetto importantissimo per Enpa: il principio della gradualità. Prima di arrivare a un divieto del genere, in sostanza, un sindaco deve affiggere cartelli e per rendere chiare le regole soprattutto in materia di raccolta delle deiezioni canine; poi occorre posizionare distributori di materiale per la raccolta e lo smaltimento delle deiezioni; poi – ancora – deve predisporre uno specifico servizio di vigilanza; deve coinvolgere i cittadini con indagini conoscitive sul livello di soddisfazione dei fruitori delle aree verdi; deve, infine, approfondire eventuali lamentele dei cittadini sugli aspetti igienico-sanitari o fare un approfondimento istruttorio in relazione all'elevato numero di infrazioni accertate. Solo a questo punto – per il principio, appunto, della gradualità – un sindaco può porre limitazioni, ma sempre rispettando i diritti dei detentori degli animali e esclusivamente nelle aree in cui si sono registrati i maggiori problemi. Non in tutti i parchi urbani.
 
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