CITATO IN GIUDIZIO IL PROPRIETARIO DELLO ZOO DI POPPI (AREZZO). L’ENPA PARTE CIVILE: “CONDIZIONI DI EVIDENTE MALTRATTAMENTO”

L'Ente Nazionale Protezione Animali si costituirà parte civile nel processo a carico del proprietario dello zoo di Poppi (Arezzo) recentemente citato in giudizio dalla Procura della Repubblica di Arezzo. Il procedimento – fa sapere la Sezione Enpa di Arezzo attraverso la presidente Alessandra Capogreco – si aprirà a marzo 2015 e vede l'uomo imputato del reato di maltrattamento di animali (articolo 544 ter del codice penale). In particolare, il proprietario della struttura avrebbe detenuto alcuni animali (un orso, due lupi e cinque gatti selvatici) in condizioni talmente precarie e inidonee alle caratteristiche etologiche della specie da ingenerare una situazione di profonda sofferenza psico-fisica. Per questo, qualora l'imputato fosse riconosciuto colpevole dei reati contestati, l'Enpa auspica una condanna esemplare che ponga fine ad una vicenda iniziata nel 2007. 
 
«La citazione in giudizio segna quella svolta che aspettiamo da ben sette anni, da quando cioè per la prima volta portammo all'attenzione delle autorità e dell'opinione pubblica il “caso Poppi”. E la svolta che è arrivata proprio in questi giorni grazie ad una denuncia congiunta con il Wwf presentata nel 2013 – commenta Alessandra Capogreco –. E' stato un percorso lungo e tormentato, ma in tutti questi anni non ci siamo mai arresi di fronte alla sofferenza degli oltre cento animali ospitati nella struttura. Ringrazio per questo l'avvocato Simona Chiarini, la cui grande professionalità è stata determinante per arrivare al processo. Ringrazio anche la Procura di Arezzo, in particolare il dottor Roberto Rossi, per la grande sensibilità e disponibilità dimostrata.»
 
L'attenzione della Protezione Animali è ora rivolta all'udienza di marzo ed alle successive tappe del procedimento giudiziario con l'auspicio sia fatta piena chiarezza sulla vicenda. Tuttavia, se nel caso dello “zoo” di Poppi, l'Enpa ritiene esservi state gravi e significative violazioni della nostra normativa, occorre comunque prendere atto del fatto che, per quanto possa essere normata e legalizzata, è la cattività in sé ad essere una forma di maltrattamento poiché si obbligano altri esseri senzienti a vivere in condizioni del tutto innaturali. 
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