La stagione venatoria ufficiale dovrebbe iniziare la terza domenica di settembre, ma dal primo del mese i cacciatori potranno "divertirsi" a sparare ad alcune specie, grazie alle concessioni delle regioni e delle province. Merlo, Ghiandaia, Cornacchia ma anche specie il cui stato di conservazione, in base ai dati scientifici internazionali e nazionali, è gravemente compromesso: Tortora (SPEC3), Beccaccino (SPEC3), Marzaiola (SPEC3). Maglia nera per Marche e Umbria, che autorizzano la possibilità di sparo a 9 specie per 4 giornate, mentre il Piemonte, per 5 specie, "apre" la caccia per ben 8 giornate. Tra l'altro, proprio l'Umbria e le Marche, insieme a Toscana, Friuli, Emilia-Romagna e Lombardia, sono le regioni con i calendari venatori peggiori per la stagione 2014/2015, soprattutto per quanto riguarda i tempi di caccia e le specie cacciabili.
Un copione ben noto, quello di ignorare non solo le prescrizioni dell'ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale), ma anche la legge nazionale 157/92 che prevede la necessità, per la programmazione dell'attività venatoria e per le preaperture, di avere piani faunistici venatori aggiornati ogni cinque anni: alcune regioni, invece, sono ferme addirittura alla fine degli anni '90.
L'accanimento con cui alcune amministrazioni ancora tentano di compiacere il mondo venatorio – non rendendosi conto che il mondo animalista ed ambientalista ormai ha ben più peso di quello legato alla caccia – è veramente poco dignitoso. Un esempio per tutti, l'Umbria, con la sua Presidente, Catiuscia Marini e l'assessore Cecchini, che hanno voluto ripristinare nonostante la mobilitazione del web, la caccia di selezione con l'arco appellandosi al parere favorevole dell'ISPRA. Peccato che tale parere sia stato totalmente e volutamente ignorato quando si è trattato di emanare calendari venatori più restrittivi, in base alla Guida alla Stesura ai calendari venatori emanata nel 2010 dallo stesso ISPRA. Un scarsa coerenza che nasconde altri obiettivi. E proprio in questi giorni i TAR sono intervenuti in materia, bocciando clamorosamente l'Umbria e anche il Veneto per le troppe giornate di preapertura alla Tortora.
Ma anche a livello nazionale le cose non vanno meglio. E' responsabilità soprattutto del PD – con esclusione delle senatrici Cirinnà, Puppato e Amati – , se in Parlamento poche settimane fa nella discussione del decreto legge competitività non è stata cancellata la pratica barbara e orribile dei richiami vivi in cui merli, tordi e tanti altri uccelli migratori vengono catturati, privati della libertà, rinchiusi in gabbiette minuscole riposte al buio, per poi essere riportate alla luce in autunno in modo da indurre gli uccelli al canto nella caccia da appostamento. Questo nonostante l'Europa abbia aperto una procedura d'infrazione a carico dell'Italia – l'ennesima – invitando più volte il Governo a cancellare questa orribile "tradizione". Oltretutto, nello stesso decreto competitività, si sono autorizzate forme di caccia sulla neve, con più possibilità di sparo, ed è stata esclusa la nutria dalle specie protette in modo da autorizzarne lo sterminio più facilmente.
Una situazione inaccettabile e vergognosa in cui i tanti ricorsi delle associazioni vinti ai Tar, le regole europee e la legge nazionale sono volutamente ignorati. Così come viene ignorata la volontà della stragrande maggioranza degli italiani che non solo ha a cuore la tutela della biodiversità e del bene comune, ma teme anche per la propria incolumità, messa in serio pericolo dalla ripresa del
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